CHIARE FRESCHE E DOLCI ACQUE
Si ha, in questa canzone famosa,
la fusione perfetta di donna e
paesaggio (oggetti) e poeta
contemplante (soggetto) e
inoltre la fusione di
visualizzazione immediata e
immagine filtrata dal ricordo,
di presente passato e futuro, di
allegoria e realismo.
I critici ritengono che Petrarca
l'abbia scritta o rielaborata
nel corso del 1345, forse in
primavera, come componimento di
anniversario dell'innamoramento,
forse rivivendo nella memoria
gli stati d'animo provati in
occasione di una partenza da
Valchiusa (come, per esempio,
nell'autunno del 1343, per
l'ambasceria a Napoli),
certamente riandando con
insistenza alla primavera ormai
lontana e fatale, quella
dell'aprile del 1327.
Quanto alla forma, questa, come
la canzone che immediatamente la
precede nel Canzoniere, Se 'l
pensier che mi strugge, elabora
la situazione convenzionale del
«congedo»: è il poeta che si
rivolge alla sua stessa poesia,
la licenzia e la manda a
dialogare con la sua udienzia.
Mentre nelle canzoni normali il
congedo era riservato all'ultima
strofa, qui esso è dilatato a
tutta la canzone: il poeta la
invia alle acque, al ramo ecc.
perché ascoltino le sue parole e
rievochino con lui una serie di
immagini e memorie.
Ma le due canzoni contigue hanno
un'altra caratteristica in
comune: sono «canzoni rustiche»
o «boscherecce», sono, per dirla
con Fubini «le canzoni
campagnole composte al di fuori
della vita civile, in mezzo ai
campi, intonate all'aria aperta,
nella solitudine, non pensosa e
drammatica, ma lieta, rallegrata
dalle chiare fresche e dolci
acque; e quindi la parola bosco
è la definizione dello stile
delle due canzoni». Riprendendo
e rielaborando motivi e modelli
stilnovistici, coscientemente
violando le norme severe fissate
da Dante per la canzone
«tragica» (abbondanza di
endecasillabili, mai un
settenario come primo verso,
pena lo scadere nell'elegia: che
è proprio quanto qui avviene),
Petrarca elabora la forma,
rapida e sciolta, e
l'ambientazione, rustica e
pastorale, adatte a esprimere un
tema nuovo della sua poesia: la
solitudine e il rimpianto
elegiaco (che trova il suo posto
nel Canzoniere accanto alle
espressioni di una solitudine e
di un rimpianto più doloranti e
pensosi).