|
FRANCESCO PETRARCA
|
|
|
|
DELLA VITA SOLITARIA
Trattato latino in due libri .
Concepita e cominciata a
Valchiusa nel 1346 e compiuta
dieci anni dopo, la Vita
solitaria, dedicata a Philippe
de Cabassoles vescovo di
Cavaillon, è una celebrazione
della solitudine, nella quale
l'uomo più agevolmente raggiunge
la propria perfezione morale e
intellettuale. A tal fine lo
scrittore contrappone alla vita
di "Occupatus", tutta presa
dalle cure quotidiane e agitata
dall'ambizione e dalle altre
passioni, la vita di "Solitarius",
rallegrata dalla vista
dilettevole della natura e
divisa fra gli studi geniali
delle lettere e la preghiera e
la meditazione religiosa, a cui
l'anima nella solitudine si
sente richiamata e innalzata.
E, respinte le obiezioni che al
suo ideale si possono muovere,
affermando che esso non nasce
dall'odio degli uomini ma dei
loro vizi, e che la solitudine
non esclude l'amicizia, e anzi è
resa più grata dalla presenza di
un amico, passa in rassegna gli
esempi di uomini insigni che
amarono e praticarono la
solitudine e in essa poterono
manifestare le proprie virtù.
Gran parte in quella rassegna
tengono i Santi Padri del
deserto, i Patriarchi e i
Profeti biblici, i Santi del
Cristianesimo: ma non mancano
gli esempi di grandi pagani,
poeti, pensatori e uomini
politici, che nella solitudine
ricrearono il loro animo e ne
celebrarono la virtù. E forse
più a questi che ai primi si
sente vicino il Petrarca, benché
alla perfezione della vita
ascetica rivolga un sospiro
nostalgico, e ben conosca e
confessi come spesso, pur nella
solitudine da lui amata,
risorgano le passioni che lo
allontanano da Dio: né il suo
ideale può dirsi propriamente
ascetico, poiché la sua
solitudine vuol essere piuttosto
un contemperamento di
meditazione religiosa e degli
studi disinteressati della
filosofia e della poesia. "Senza
il conforto delle lettere, -
egli scrive - la solitudine è
esilio, carcere, tormento; al
letterato invece patria,
libertà, diletto": e col
conforto delle lettere si deve
ricordare quello della bella,
fresca natura, alle cui
immagini, care al solitario, lo
scrittore ritorna di frequente
in tutta l'opera sino alla
poetica chiusa: "Animato da tali
sentimenti io ho scritto a te
queste cose; e mi è sembrato che
lo stormir delle fronde e il
murmure delle acque scorrenti mi
sussurrassero alle orecchie
queste parole: È buono il tuo
invito: il tuo consiglio è
retto; tu dici il vero". Così la
sua opera dottrinale si
ricongiunge alla sua opera
poetica: e per vero da una
radice rampollano le immagini
del Canzoniere, in cui tanta
parte tiene, nei suoi diversi
aspetti, il motivo della
solitudine, e la dissertazione
di questo trattato. Ma quel che
nella poesia si risolve in
limpido canto è qui svolto con
l'insistenza di chi vuole
dimostrare una tesi, e perciò
non senza esagerazione retorica
in più d'un tratto e una certa
ostentazione di erudizione: e
più stridente forse appare per
l'esigenza della dimostrazione
prosastica la contraddizione
dell'ideale petrarchesco, in cui
si confondono aspirazioni
terrene e aspirazioni celesti,
ascetismo cristiano e spiriti
umanistici. Difetti e pregi
concorrono però a fare di questa
operetta, insieme col Secretum,
una delle più preziose
testimonianze dello spirito
petrarchesco; e del Petrarca vi
si ammirano l'ansia di svelare
il proprio animo in una
affettuosa confessione e la
conoscenza sicura degli intimi
contrasti di cui gli uomini
soffrono. Bella è la descrizione
del tedio e del peso di una vita
senza scopo, e l'amore per la
poesia, che si fa sentire anche
qui nonostante la retorica e
l'erudizione: "I cultori della
filosofia e della poesia -
leggiamo in una delle pagine più
belle - penso che debbano
lasciarsi liberi in balìa del
proprio genio, e debbano
lavorare quando si sentono, dove
dal luogo e dal tempo sono
ispirati, dove si sentono mossi
a lavorare, sia all'aperto, sia
in casa, sia presso una rupe,
sia all'ombra di un pino... Alle
volte mi si presentò qualche
carme silvestre, quasi capretto
lietissimo e sceltissimo fra
tutto il gregge, e dissi tra me
e me: Tu hai fragranza di erbe
alpine, tu vieni dall'alto".
Nello scrittore della Vita
solitaria abbiamo ritrovato il
poeta del Canzoniere.
|
|
|
Mario
Fubini | |
|
|
|
| |