DI PENSIER IN PENSIER, DI MONTE
IN MONTE
Questa canzone è stata definita
da Fubini la «tipica canzone» di
Petrarca, quella in cui il
poeta, dopo varie prove, aveva
trovato «la forma sua». La
canzone è uno dei prodotti più
elaborati della sperimentazione
linguistica di Petrarca (giunta
al culmine negli anni fra il
1338 e il 1345), ed è la
celebrazione perfetta del mito
di Laura, del paesaggio
pastorale, del sentimento
d'amore interiormente pensoso
del poeta. Il primo verso
contiene già, come in germe,
tutto il componimento, sia nei
suoi sviluppi tematici (l'ascesa
al monte e la parallela ascesi
interiore), sia nei suoi
sviluppi retorici e linguistici
(la bipartizione degli elementi,
la simmetria, l'ampiezza ritmica
dell'endecasillabo a quattro
accenti). «Nel primo verso è
impresso il movimento che si
svolgerà in tutto il resto della
canzone: una grande meditazione,
la poesia del continuo passaggio
da uno stato d'animo all'altro».
Fubini ha messo in rilievo lo
straordinario equilibrio degli
elementi sintattici, ritmici e
metrici della stanza di questa
canzone (che è una vera «canzone
tragica», solenne e ampia, a
differenza della «canzone
elegiaca» di Chiare fresche e
dolci acque).
A proposito del linguaggio di
questa canzone, i critici hanno
osservato la sobrietà stilistica
(scarsa pittoricità e Scarso
colorismo nelle descrizioni); i
termini del paesaggio e dei moti
dell'animo sono quelli
essenziali: basta metterli a
confronto con la descrizione
naturale di Chiare fresche e
dolci acque (i nomi delle cose,
l'aggettivazione, i colori).