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FRANCESCO PETRARCA
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ITINERARIO SIRIACO
Opera
geografica latina scritta nel
1358 a istanza di Giovanni di
Mandello, cavaliere milanese,
che stava per partire per la
Terrasanta. È compresa nella
raccolta completa delle opere
del Petrarca [Opera quae extant
omnia], pubblicata a Basilea nel
1581. In forma di lettera il
poeta espone quanto al suo tempo
era noto sull'argomento: con
informazioni geografiche,
storiche ed erudite, egli
illustra i luoghi del
pellegrinaggio. Le notizie
raccolte dal Petrarca, desunte
da libri e da manuali, tanto
classici che medievali, indicano
la sicura erudizione
dell'autore, ma anche ne
limitano l'interesse scientifico
in quanto solo alcune sono
suggerite da una visione
personale dei luoghi. Quindi per
quanto riguarda i paesi
italiani, Petrarca riesce
eloquente e vivace, tanto nel
rievocare i tempi della sua
giovinezza, quanto nel
menzionare persone e fatti della
storia più recente. Notevoli
sono le pagine su Genova,
signora del mare, "virisque et
moenibus superbam", e su luoghi
mirabili e stupendi quali
Rapallo e Sestri, Portovenere,
le foci della Magra, la
Lunigiana, Pietrasanta, Lucca,
Pisa, Livorno, la Capraia e la
Gorgogna, Grosseto,
Civitavecchia fino alla grande e
immensa Roma. Si incontrano poi
le terre del Lazio e della
Campania, dense di ricordi
storici e letterari, dalle
guerre di Roma alla
testimonianza dell'Eneide; la
Calabria e la Sicilia, piene di
luoghi incantevoli e di severe
memorie. La Grecia e le isole
del suo arcipelago, e Cipro,
Tripoli di Siria, Cesarea,
Giaffa, Ascalona, muovono la
mente a meditare sulle vicende
dei secoli lontani: e infine -
meta sublime - Gerusalemme
presenta la scena della vita di
Cristo fino all'estremo
sacrificio. Nella città santa
trovano consolazione tutte le
fatiche del pellegrino, poiché
solo nella mistica terra che
vide Cristo uomo e Dio, l'anima
si esalta nella meditazione e
aspira alle supreme certezze.
Dinanzi ai segni della grazia
divina scompaiono i mali della
terra, gli strazi e le
sofferenze: non restano che
l'attesa del cielo e la
meditazione delle profonde
verità che Dio ha rivelato
all'uomo, con la grandiosità
degli eventi storici e la
santità della parola messianica.
In tanta beatitudine, che è la
gloria umana? Si ricordi
l'uccisione di Pompeo, miseranda
e triste: "O fortunae fides,
rerum finis humanarum!",
conchiude pensosamente il
Petrarca. Per questo
intrecciarsi di notizie erudite,
di descrizioni geografiche e di
meditazioni filosofiche e
religiose l'opera conserva un
suo carattere singolare, anche
se è tra le meno originali del
grande poeta.
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Carlo
Cordiè | |
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