IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

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IL QUATTROCENTO: LE OPERE DI LORENZO DE' MEDICI
L'AMBRA

Poemetto dove, arieggiando più che poemi classici il Ninfale fiesolano del Boccaccio, il Magnifico volle creare una leggenda mitologica per la sua villa prediletta l'Ambra di Poggio a Calano. Ambra è una ninfa, amata dal fiume Ombrone e trasformata in pietra per salvarla dalle sue brame. La prima parte del poema, la più bella, è descrittiva, ispirata a uno schietto realismo. Si apre con la descrizione dell'inverno e sembra darne la sensazione con la fattura stessa dei versi, poveri e scarni, duri e secchi, pregni d'implacabile desolazione: la vita si irrigidisce, si estingue a grado a grado nel deserto silenzioso fino a un vitreo immobilizzarsi. Segue l'epica descrizione della piena, ove i fiumi, mitologiche divinità, prorompono con la tremenda gioia distruggitrice delle forze naturali scatenate: l'infrangere le ripe, l'ingorgarsi e fremere e ribollire e, dopo il tumulto, il superbo incedere delle acque nella piana e i giochi pazzi dei pesci intorno alle rovine. Di fronte, gli uomini, combattuti fra il terrore e l'angoscia per la roba distrutta, fatica del passato, speranza dell'avvenire. Il realismo del Magnifico e della sua età tocca qui il suo culmine. Nella seconda parte, che ti fa pensare a certe pagine dell'Alcione dannunziano, all'"Oleandro" per esempio, il mito rinasce moderno e purifica il realismo in quel sentimento estetico che fu sempre la catarsi del naturalismo pagano. L'ispirazione è sensuale, ma la cupidigia è insieme brama di bellezza e l'ignuda Ambra palpitante statua. Il poema rimane a ogni modo un canto di desiderio carnale, nel suo violento ardore, accentuato dalla purità dell'adolescente. Non v'è sentimento umano in Ombrone, se non la tristezza della lussuria insoddisfatta. Scialba è l'invocazione di Ambra, e abile ma esteriore al modo ovidiano la metamorfosi. Nella sua plasticità essa corrisponde all'ispirazione estetica e, coerentemente, il desiderio si fissa nell'amplesso dell'acqua, che cinge ghiacciata la pietra. Con questa visione cristallina si chiude, come s'era aperto, il poemetto.

 

 

 

 

Edmondo Rho

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