Jacopo Sannazzaro:
Epigrammi
Secondo l'esempio
di famosi poeti latini
l'umanista napoletano volle
lasciare Tre libri di epigrammi,
che rimangono insieme alle
Elegie vivissima testimonianza
della sua vita. L'opera, scritta
in un latino fluido e spontaneo,
unisce ai distici elegiaci altri
metri, tra cui odi saffiche ed
endecasillabi al modo di
Catullo.
Atteggiamenti di voluttà,
meditazioni, dolori si
intrecciano armonicamente: si
aggiungano encomi e satire, come
quelli per gli umanisti Poggio
Bracciolini e Angiolo Poliziano,
descrizioni e ricordi. Famose le
lodi per la pace della villa
Mergellina (che doveva poi dare
nome al luogo stesso) e il
ricordo delle feste dei marinai
ai piedi del colle di Posillipo.
E su tutti notevoli l'epigramma
d'addio a Napoli, mentre il
poeta s'allontana dalla patria
per seguire in esilio Federico
d'Aragona, suo signore (lirica
già dapprima inserita dal
Pontano nell'Egidio), quello
alla bellezza di Venezia, che
finge galantemente costruita
dagli stessi dèi, e quello
scritto in esilio in Francia,
sempre al seguito dell'amato re
Federico, per San Nazario (Saint-Nazaire
sulla Loira), che gli ricorda il
castello della Lomellina San
Nazaro (ora Sannazaro dei
Burgundi). In questo genere,
che, per sua natura, rimane
sempre il più aderente alla vita
del poeta, il Sannazaro ci offre
tutto il complesso quadro del
suo spirito e, più ancora, dello
spirito umanista: nostalgico e
sensuale, sensibile all'ideale
come alla realtà immediata,
egualmente disposto all'egoismo
e al sacrificio, egualmente
pronto alla satira o
all'encomio. Tutto ciò non forma
contrasto né contraddizione:
sono momenti ognuno finito in
sé, facce sempre terse,
armoniose e vive del poliedrico
Umanesimo.