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 Autore Luigi De Bellis   
     

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IL QUATTROCENTO
Jacopo Sannazzaro: Epigrammi

Secondo l'esempio di famosi poeti latini l'umanista napoletano volle lasciare Tre libri di epigrammi, che rimangono insieme alle Elegie vivissima testimonianza della sua vita. L'opera, scritta in un latino fluido e spontaneo, unisce ai distici elegiaci altri metri, tra cui odi saffiche ed endecasillabi al modo di Catullo.
Atteggiamenti di voluttà, meditazioni, dolori si intrecciano armonicamente: si aggiungano encomi e satire, come quelli per gli umanisti Poggio Bracciolini e Angiolo Poliziano, descrizioni e ricordi. Famose le lodi per la pace della villa Mergellina (che doveva poi dare nome al luogo stesso) e il ricordo delle feste dei marinai ai piedi del colle di Posillipo. E su tutti notevoli l'epigramma d'addio a Napoli, mentre il poeta s'allontana dalla patria per seguire in esilio Federico d'Aragona, suo signore (lirica già dapprima inserita dal Pontano nell'Egidio), quello alla bellezza di Venezia, che finge galantemente costruita dagli stessi dèi, e quello scritto in esilio in Francia, sempre al seguito dell'amato re Federico, per San Nazario (Saint-Nazaire sulla Loira), che gli ricorda il castello della Lomellina San Nazaro (ora Sannazaro dei Burgundi). In questo genere, che, per sua natura, rimane sempre il più aderente alla vita del poeta, il Sannazaro ci offre tutto il complesso quadro del suo spirito e, più ancora, dello spirito umanista: nostalgico e sensuale, sensibile all'ideale come alla realtà immediata, egualmente disposto all'egoismo e al sacrificio, egualmente pronto alla satira o all'encomio. Tutto ciò non forma contrasto né contraddizione: sono momenti ognuno finito in sé, facce sempre terse, armoniose e vive del poliedrico Umanesimo.

Carlo Cordiè

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