IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

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IL QUATTROCENTO: POLIZIANO
Poliziano: Le selve

Opera latina composta tra il 1485 e il 1486 e pubblicata tra le Opere a Basilea nel 1553, ripubblicata e illustrata da Isidoro Del Lungo nel 1867. È suddivisa in quattro prolusioni in versi. Dovendo leggere allo Studio fiorentino gli autori classici a lui più cari, il Poliziano mostra la sua gratitudine di umanista verso i grandi modelli e ne indica magistralmente i motivi sostanziali per l'educazione delle nuove generazioni. Il titolo Selve (v.), al modo di Stazio, rivela il tono delle varie composizioni improvvisate, senza una speciale compagine artistica, ma sotto un vivo impulso d'ispirazione. "Manto" mostra un grande amore per Virgilio, di cui il poeta stava per spiegare le Bucoliche: l'indovina tebana, figlia di Tiresia, famosa per essere anche menzionata da Dante ("Inferno", XX, 52-109), canta presso la culla di Virgilio e ne esalta la futura gloria: così ella parla delle sue opere, illustrandone i caratteri. Nel "Contadino" ["Rusticus"], con riferimenti a scrittori latini quali Varrone, Plinio e Columella, il poeta abbozza, con grande efficacia di rappresentazione, piccoli quadri della vita campagnola: in questo modo egli prepara l'animo degli ascoltatori alla lettura delle opere georgiche di Virgilio e di Esiodo. L'"Ambra", intitolata dall'omonima villa medicea di Poggio a Caiano, serve come introduzione alla lettura dei poemi omerici. La vita di Omero è poi degnamente celebrata, con un vivo accenno a Tetide piangente per la morte di Achille: Giove per consolarla le annuncia vicina la nascita di Omero, che sarà cantore delle gesta dell'eroe. L'ultima selva "Il baliatico" ["Nutricia") esprime la gratitudine dello studioso verso la poesia che, col nettare sacro, fu sua balia e lo educò alla vita: enumerando vari poeti dagli antichi ai trecentisti italiani, allo stesso ammiratissimo Lorenzo de'Medici, il Poliziano, vuol mostrare tutta la sua devozione verso i grandi modelli. Le Selve rappresentano uno dei più interessanti documenti della cultura filologica del Poliziano e del suo delicato sentire di umanista: poeticamente, se si astrae da qualche passo felice, rimangono semplici esercitazioni in versi e non escono dalla linea delle consuete prolusioni ai corsi universitari dell'epoca.


Il Poliziano dei versi latini era troppo immediato ed effuso: la reminiscenza classica valeva troppe volte per se stessa, senza che egli la dovesse trasfondere in nuove e virginee parole, come gli avvenne nelle strofe italiane. E qui è tutto il limite della sua poesia latina. (F. Flora).

Carlo Cordiè

© 2009 - Luigi De Bellis