Poliziano: Rispetti
Composti a imitazione di quelli
cari al popolo, i "rispetti"
svolgono, al pari di quelli, un
pensiero, un'immagine, un
motivo, sempre d'argomento
amoroso nell'ambito di otto
versi chiusi nella forma
dell'ottava perfetta: alcuni di
essi sono "continuati", vale a
dire incatenati in serie così da
formare una sorta di epistola
amorosa (dieci sono i
componimenti così composti); gli
altri, un centinaio, sono
"spicciolati". Né gli uni né gli
altri si distinguono per
originalità di accenti, e
nemmeno raggiungono quella
grazia tutta propria del
Poliziano che si può ammirare
nelle minori Canzoni a ballo,
pur esse composte col proposito
di rifarsi alla poesia di
popolo: si direbbe che facendo
proprio un gusto diffuso tra i
poeti d'arte della sua età, il
Poliziano non abbia cercato in
questi "rispetti" che un
piacevole esercizio,
un'occasione per verseggiare a
riposo della mente e a
preparazione di cose maggiori.
Perciò non è da chiedere a
questi componimenti profondità o
novità di sentimento: le lodi
della donna, i lamenti per la
sua durezza, gli ammonimenti a
godere della giovinezza troppo
breve, sono svolti con accenti
generici, che sono come
trasportati dalla facile onda
melodica. Anche lo studio del
letterato, che fa le sue prove
maggiori nelle Stanze per la
giostra, nell'Orfeo e nelle
stesse ballate, è, in queste
cose minori, limitato in più
breve cerchia, come si conviene
alla maggiore elementarità
dell'espressione, e si rivela
nell'adattamento di motivi della
poesia dotta (di Tibullo o del
Petrarca, per esempio) al tono
popolare del discorso ("Il buon.
nocchier sempre parla di venti"
e "Chi vuol veder lo sforzo di
natura"), oltreché nella cura
costante di levigare in un ben
condotto periodo sintattico le
asprezze, spesso saporose, dei
canti popolari, da cui egli
riprende movenze e immagini. Ma
pur nella generale mediocrità si
fan notare alcuni rispetti
spicciolati per l'indovinata
mossa del discorso o per la
freschezza di qualche immagine:
lo scherzoso bando d'amore, per
esempio, "Amor bandire e
comandar mi fa, - Donne belle e
gentil che siete qui, - Che
qualunque di voi un cor preso ha
- Lo renda o dia lo scambio in
questo dì...", o questa immagine
di gusto popolare che compare in
un altro: "Quand'Ippolita ride
onesta e pura - È par che si
spalanchi il paradiso; - Gli
angioli al canto suo senza
dimoro - Scendon tutti dal cielo
a coro a coro", o ancora il
"rispetto" VII: "Io mi sento
passar in fin all'ossa - Ogni
accento ogni nota ogni parola...
Crederei, quando fussi nello
inferno, - Sentendo voi volar
nel regno eterno", o, parimenti
condotto con bella eleganza, il
XXIX: "Se tu sapessi quanto è
gran dolcezza - Un suo fedele
amante contentare...", o le
variazioni su motivi consueti di
questa poesia che ci sono
offerte dai "rispetti"; "Io
seminai il campo e altri il
miete" e "Quando questi occhi
chiusi mi vedrai", o infine il
"rispetto" XL, intonato a una
compiaciuta sentimentalità: "Io
son la sventurata navicella - In
alto mar tra l'onda irata e
bruna, - Tra le secche e gli
scogli, meschinella, -
Combattuta da'venti e da
fortuna...". Non è molto: ma a
maggiori altezze non aspirava
componendo i suoi "rispetti", il
Poliziano, a cui non fu dato di
sollevarsi per questa via
all'espressione di un'intensa e
vera passione come Leonardo
Giustinian coi suoi Strambotti e
le sue Canzonette o alla
vigorosa rappresentazione
realistica, non priva di
umorismo, della Nencia da
Barberino tradizionalmente
attribuita al suo amico e
protettore Lorenzo il Magnifico.
Il Poliziano ha uno squisito
sentimento della forma nella
piena indifferenza di ogni
contenuto. (De Sanctis).