IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

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IL QUATTROCENTO: LE OPERE DI LORENZO DE' MEDICI
RAPPRESENTAZIONE DI SAN GIOVANNI A PAULO

Scritta da Lorenzo de' Medici è ancora una sacra rappresentazione sul tipo di quelle del Belcari. Costanza, figlia di Costantino imperatore, ammalata di lebbra e guarita miracolosamente dopo una preghiera a sant'Agnese, si converte al Cristianesimo e fa voto di castità. In quella Gallicano, generale dell'impero, torna vittorioso dalla Persia e chiede come ricompensa la mano di Costanza. Costantino, per guadagnar tempo, consigliato dalla figlia, lo manda in una nuova spedizione contro i Daci; Costanza converte le due figlie di Gallicano, rimaste con lei, e questi, a sua volta, battuto dal nemico, è indotto da due cristiani del seguito, Giovanni e Paulo, a chiedere aiuto a Gesù: vince, si battezza, rinunzia al matrimonio e si ritira dal mondo. Costantino, morendo, divide l'eredità fra i tre figli: due di essi muoiono in guerra e il terzo li segue poco dopo. È eletto imperatore Giuliano, che nel suo tentativo di scristianizzare il mondo, trova resistenza in Giovanni e Paulo e li fa decapitare. La sua crudeltà è punita dall'intervento divino, ed egli viene ucciso in mezzo al suo esercito per mano di un santo uscito dalla tomba. Il dramma è mancato, e ha ancora della sacra rappresentazione il frammentarismo e il succedersi di immobili quadri, non ostante la ben maggiore finezza psicologica. Il Magnifico non è riuscito a tradurre in espressione lirica, in movimento drammatico le sue acute osservazioni, e l'opera, tratta dal Gallicano (Drammi di Rosvita), risulta sorda, piatta, scialba. Se pure i motivi religiosi non mancano di sincerità, più originali sono quelli politici, ove giova al poeta l'esperienza del governante. Gallicano, rozzo, impetuoso, è un condottiero di ventura, fra l'eroe e il bravaccio, fra il servo e il padrone, e Costantino di fronte a lui elogia, lusinga, promette, temporeggia e ordisce trame e inganni, da astuto diplomatico, come un signore del Quattrocento col suo capitano, con una sottile vena di malinconia. ("Né come par di fuor dolce è l'impero"). Ma il personaggio più riuscito è Giuliano l'Apostata, nel quale, insieme con la virile nostalgia per la grandezza di Roma e con la serena ironia anticristiana, il Medici ha incarnato la concezione che egli e il suo tempo avevano della Signoria: dominio per il bene di tutti, unica ricompensa la gloria e la superba coscienza del proprio valore: "Il re e il savio son sopra le stelle".

Edmondo Rho

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