RAPPRESENTAZIONE DI SAN GIOVANNI
A PAULO
Scritta da Lorenzo de' Medici è
ancora una sacra
rappresentazione sul tipo di
quelle del Belcari. Costanza,
figlia di Costantino imperatore,
ammalata di lebbra e guarita
miracolosamente dopo una
preghiera a sant'Agnese, si
converte al Cristianesimo e fa
voto di castità. In quella
Gallicano, generale dell'impero,
torna vittorioso dalla Persia e
chiede come ricompensa la mano
di Costanza. Costantino, per
guadagnar tempo, consigliato
dalla figlia, lo manda in una
nuova spedizione contro i Daci;
Costanza converte le due figlie
di Gallicano, rimaste con lei, e
questi, a sua volta, battuto dal
nemico, è indotto da due
cristiani del seguito, Giovanni
e Paulo, a chiedere aiuto a
Gesù: vince, si battezza,
rinunzia al matrimonio e si
ritira dal mondo. Costantino,
morendo, divide l'eredità fra i
tre figli: due di essi muoiono
in guerra e il terzo li segue
poco dopo. È eletto imperatore
Giuliano, che nel suo tentativo
di scristianizzare il mondo,
trova resistenza in Giovanni e
Paulo e li fa decapitare. La sua
crudeltà è punita
dall'intervento divino, ed egli
viene ucciso in mezzo al suo
esercito per mano di un santo
uscito dalla tomba. Il dramma è
mancato, e ha ancora della sacra
rappresentazione il
frammentarismo e il succedersi
di immobili quadri, non ostante
la ben maggiore finezza
psicologica. Il Magnifico non è
riuscito a tradurre in
espressione lirica, in movimento
drammatico le sue acute
osservazioni, e l'opera, tratta
dal Gallicano (Drammi di
Rosvita), risulta sorda, piatta,
scialba. Se pure i motivi
religiosi non mancano di
sincerità, più originali sono
quelli politici, ove giova al
poeta l'esperienza del
governante. Gallicano, rozzo,
impetuoso, è un condottiero di
ventura, fra l'eroe e il
bravaccio, fra il servo e il
padrone, e Costantino di fronte
a lui elogia, lusinga, promette,
temporeggia e ordisce trame e
inganni, da astuto diplomatico,
come un signore del Quattrocento
col suo capitano, con una
sottile vena di malinconia. ("Né
come par di fuor dolce è
l'impero"). Ma il personaggio
più riuscito è Giuliano
l'Apostata, nel quale, insieme
con la virile nostalgia per la
grandezza di Roma e con la
serena ironia anticristiana, il
Medici ha incarnato la
concezione che egli e il suo
tempo avevano della Signoria:
dominio per il bene di tutti,
unica ricompensa la gloria e la
superba coscienza del proprio
valore: "Il re e il savio son
sopra le stelle".