SELVE D'AMORE
In
questo poemetto predomina la
concezione neo-platonica
dell'amore, ma l'idea filosofica
non riesce a dare unità
all'insieme, ove la fantasia
erra libera (di qui il nome di
Selve a imitazione di Stazio) in
un susseguirsi di visioni,
simili appunto a disordinati
vaneggiamenti erotici. Ai motivi
del Canzoniere si mescolano
talora imitazioni classiche;
tal'altra, sulle orme del
Poliziano, si tenta l'idillio,
con voluttuosa melodia e
splendori cromatici. Un fuoco
giovanile di passione corre per
le ottave; spesso ritroviamo un
tono di semplice affetto, che il
Boccaccio del Ninfale fiesolano
aveva forse insegnato al nostro
poeta, e il paesaggio è veduto
realisticamente con occhio
ingenuo. Nella "Prima Selva"
bella è la descrizione
dell'innamoramento: una festa da
ballo di Firenze, trasfigurata
nell'incanto d'un mattino
d'aprile: su questo sfondo
botticelliano una scenetta
vivace, quella della danza,
tipicamente medicea e di fine
psicologia: sguardi, cenni,
sospiri. Si prepara così
poeticamente l'apparizione di
Madonna che, secondo il concetto
neo-platonico, raccoglie in sé
le bellezze tutte sparse nelle
altre cose. Motivo iniziale
della "Seconda Selva" è il
lamento per la lontananza
dell'Amata, un susseguirsi di
apostrofi, di esclamazioni, di
gemiti e di grida, sollevantisi
come onde e ascendenti sino al
rapimento nelle visioni che
assediano l'anima turbata.
Simboleggia e prepara la venuta
della Dea il risveglio della
natura: si ha così la famosa
descrizione dell'estate, ove la
durezza invernale si scioglie
nella dolce primavera, finché al
giungere di Madonna tutto
s'accende d'amore in voluttuosa
beatitudine. Tanto più risalta,
tra quest'orgia di musica e di
colori, la plastica scena delle
pecore tornanti ai pascoli
alpini. Purtroppo le allegorie
(i ritratti della Gelosia e
della Speranza) guastano la
poesia, che ritorna poi con la
rievocazione del convegno
d'amore, ricco di un'intimità
che non trovi in nessun'altra
opera del Magnifico: l'ansia
dell'attesa, l'ebbrezza
dell'incontro, l'angoscia del
distacco. La descrizione
dell'età dell'oro è invece un
pezzo di bravura; pesante e
minuta traduzione in versi di
ricordi culturali, nella quale è
interessante il concetto
umanistico della felicità come
temperanza di desideri. Il
poemetto si chiude con
l'apoteosi di Madonna,
identificata con il levar del
sole: inno dionisiaco,
tripudiante sinfonia di accesi
colori, ebbrezza di felicità,
che si riassume come in
un'epigrafe nell'ultimo verso,
"la luce, la bellezza e il caldo
amore".
Il Medici per le ampie volute
dell'ottava scorre con agevole
pieghevolezza, come fiume reale
che devolva con variati meandri
le acque per valli svariate di
cólli e di boschi, di verdi
praterie e di poggi silvestri,
di popolose campagne e di
solitudini amene. (Carducci).
Composizione a stanze d'un fare
largo e abbondante, alquanto
sazievole, il cui difetto è
appunto il soverchio
naturalismo, una realtà minuta,
osservata e riprodotta
esattamente ne' suoi caratteri
esterni, non fatta dall'arte
mobile e leggera, non
idealizzata. (De Sanctis).