TRIONFO DI BACCO E ARIANNA
È
dei "canti carnascialeschi" il
più bello e, di tutte le opere
di lui, universalmente famoso,
sì che è impossibile discorrere
di quell'età periclea di Firenze
senza citare, quasi a motivo
simbolico della sua felicità e
brevità, i versi del suo
principe e mecenate. La
canzonetta è sorella a quella
polizianesca del maggio, per
quel che di leggero e di
gaudioso hanno in comune e il
sentimento di ciò che fugge e
l'invito a saziarsi di amore.
Perciò è in entrambe un'ombra di
malinconia: più ne lascia in noi
quella del Magnifico, perché vi
sentiamo un'ansia e una,
chiamiamola così, filosofia
amara. "Di doman nessun si
paschi". Tema antico, il "carpe
diem"! Ma qui c'è una frenesia
che sembra essere eccitata da un
presentimento: c'è quasi l'ombra
della rampogna savonaroliana
dietro a quella ridda
spensierata e senza tregua. Non
dobbiamo soverchiare quelle
strofe di ottonari di eccessiva
significazione. Passa un
"trionfo", cioè un carro
mascherato, con personaggi
mitologicamente travestiti,
Bacco, Arianna, satiretti,
ninfe, Sileno, Mida: ecco, è
passato, resta il poeta (voce
della folla che segue con lo
sguardo quell'immagine di
diletto) a dar di tanto spasso
la fatalistica conclusione: "ciò
ch'ha a esser, convien sia".
Nell'aria è ancora il ritornello
della canzone, la morale in
musica, la cosa più bella e
celebre: "Quant'è bella
giovinezza, - che si fugge
tuttavia! Chi vuol esser lieto,
sia: - di doman non v'è
certezza".
Lorenzo il Magnifico fu poeta
d'affetto, d'arte, d'artifizio:
lirico e descrittore, elegiaco e
satirico, filosofico e
popolare... Sempre ricco di
modi, d'immagini, di melodie
diversissime: ora domando
l'endecasillabo a ricevere l'èmpito
dell'allegria, ora piegandolo a
rilevare la tenuità d'un
pensiero delicatissimo; e il
settenario e l'ottonario
variando in modo ch'e' ti paiono
rendere di molte e tutte nuove
armonie. (Carducci).