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GABRIELE D'ANNUNZIO
Pure nell'ambito del Decadentismo si svolge l'arte di
Gabriele D'Annunzio, autore di vari romanzi, in alcuni dei
quali tuttavia è abbastanza visibile la traccia
dell'esperienza naturalista e verista. Per esempio il suo
primo romanzo,"Il piacere" (1889), mentre da un lato sembra
indulgere all'analisi psicologica dell'amore secondo il
metodo seguito dal Flaubert e dal Maupassant, dall'altro si
compiace di esasperare l'egocentrismo del protagonista,
Andrea Sperelli (in gran parte autobiografico), e la sua
tendenza estetizzante nel godimento del piacere. E così pure
nei due successivi romanzi, "Giovanni Episcopo" (1891) e
"L'innocente" (1892), mentre è evidente che intende rifarsi
al realismo di Dostoevskij e Tolstoj, dal primo soprattutto
riprende il metodo di scandagliare fino in fondo la
coscienza umana, riprende cioè quell'atteggiamento che lo
avvicina ai decadenti. Insomma quello che maggiormente
risalta nei suoi primi romanzi è una sorta di pendolarismo
fra realismo e decadentismo, con la tendenza però a
liberarsi gradualmente del primo per approdare con maggiore
consapevolezza al secondo. Difatti è singolare l'esaltazione
che il D'Annunzio fa del protagonista de
"L'innocente",Tullio Hermil, e finanche del suo terribile
delitto (nobile e ricco, Tullio trascura la moglie per
condurre una vita licenziosa; quando però decide di tornare
dalla moglie, apprende che la donna è stata spinta dal suo
arrogante comportamento a cadere nelle braccia di un altro
uomo; di qui la tragica reazione di Tullio che sopprime il
frutto della colpa): lo scrittore, con la chiara volontà di
destare scandalo, fa dire a Tullio che "la giustizia degli
uomini non lo tocca", avvicinandosi così sempre più alla
creazione del suo ideale di uomo, il "superuomo". Altro
passo innanzi in questa direzione si ha con il "Trionfo
della morte" (1894), il cui protagonista, non potendo
possedere della sua donna anche l'anima, procura la morte ad
entrambi. L'immagine del "superuomo" è finalmente compiuta
nei tre romanzi successivi:"Le vergini delle rocce", "Il
fuoco" e "Forse che sì, forse che no", rispettivamente del
1895, del 1898 e del 1910. |
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