IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

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IL SEICENTO

L'Adone


Poema in venti canti dedicato al re di Francia Luigi XIII, e pubblicato a Parigi nel 1623. Cupido, sdegnato con la madre Venere, si vendica facendo approdare all'isola di Cipro Adone, il principe bellissimo nato dall'unione incestuosa di Mirra col padre suo, e spirando alla dea e al giovane un ardente, vicendevole amore. Adone è introdotto nel mirabile palazzo di Venere, ascolta da Mercurio, compiacente galeotto, storie amorose, assiste a una rappresentazione scenica e percorre poi, guidato dalla dea amata, i cinque giardini simboleggianti i cinque sensi, ognuno dei quali ha la sua parte nel godimento amoroso, sino a che perviene all'ultimo diletto. Con la dea, che non si stacca più dal suo fianco, egli visita poi, passando dai piaceri del senso a quelli dell'intelletto, la stupenda fontana d'Apollo, simbolo della poesia e, accompagnato anche da Mercurio, il Virgilio di questa nuova Commedia, primi tre cieli tolemaici, ossia le sfere della Luna, di Mercurio, di Venere, dove ha modo di apprendere le nozioni più disparate della scienza secentesca e di far conoscenza coi personaggi dell'età del poeta. Ma la Gelosia veglia e rivela a Marte il nuovo amore di Venere: Adone non può far altro che fuggire all'"arrivo del terribile dio e va incontro, nonostante l'anello fatato donatogli dalla dea e la protezione di Mercurio, alle avventure più strane e ai pericoli più gravi. Di lui s'innamora la maga Falsirena, la quale, sdegnata per le sue ripulse, lo fa prigioniero: tramutato in pappagallo, l'infelice assiste agli amori di Venere e di Marte, e, dopo avere ripreso la forma umana, passa attraverso le avventure più romanzesche e inverosimili. Adone può infine tornare alla diletta Cipro, di cui è eletto re, e può di nuovo godere dell'amore della sua dea; ma un giorno in cui ella è lontana, in una caccia è ucciso da un cinghiale suscitato contro di lui da Marte e muore fra le braccia di Venere. I suoi funerali e i giochi funebri in suo onore concludono il poema. Su questa trama, assai tenue nella sostanza, sono fittiziamente innestati numerosi altri episodi. Fra l'altro, il Marino vi ha inserito le più note favole mitologiche: il giudizio di Paride, Amore e Psiche , Eco e Narciso, Ganimede, Ciparisso, Ila, Ati, la rete di Vulcano, Polifemo, Aci e Galatea, Ero e Leandro ecc.
Così il poema, che originariamente doveva constare di soli tre canti, si dilatò sino a diventare uno dei poemi più ampi della nostra letteratura (ben 5033 ottave). Manca a questa vasta mole una qualsiasi struttura: e questo difetto non è soltanto dell'opera nel suo insieme, ma dei singoli episodi, che l'autore non riesce a svolgere con la cosciente coerenza dell'artista. A dare un unità all'Adone non potevan certo bastare né la giustificazione moralistica della favola ("smoderato piacer termina in doglia" semplice trovata ipocrita per giustificare le lascivie e le sconcezze del poema) né le allegorie premesse a ciascun canto. Manca nell'Adone un qualsiasi sentimento che lo informi e ne faccia un organismo poetico: nemmeno la voluttà, il sentimento più profondo e sincero del poeta, appare dominata artisticamente: o gli ispira pagine di
volgare, impoetica oscenità, o si esaurisce in giochi verbali. L'amore di Venere e di Adone non attinge le sfere della poesia, e nessun personaggio, nemmeno i due protagonisti, può dirsi un carattere. Perciò il vario materiale attinto alle fonti più disparate (tra le quali primeggiano le Metamorfosi di Ovidio, le Dionisiachedi Nonno Panopolitano, i poemi di Claudiano, i romanzi greci, oltre alle opere di Dante, Ariosto, Tasso) non si fonde in un tutto armonico, e il poema, che è insieme mitologico, erotico, didascalico, romanzesco, lascia intravedere molte possibilità di poesia, senza svolgerne alcuna. La stessa mitologia, risorta nel Rinascimento a nuova vita quale espressione dell'ideale della bellezza, non ha più nulla di serio nell'Adone. Dei, dee ed eroi, a cominciare dalla dea Venere, vi compaiono quali esseri frivoli e capricciosi, motivo questo che, più consono allo spirito beffardo dell'autore, avrebbe potuto assumere una consistenza poetica o letteraria, se i molti spunti comici fossero stati coerentemente sviluppati. Il desiderio di sorprendere e stupire è la vera ragion d'essere dell'Adone. Ciò spiega come il Marino abbia potuto concepire l'idea barocca e quasi sacrilega di inserire fra le lascivie del poema un'imitazione del "Paradiso" dantesco e fare del giardino del piacere un pretesto di dissertazioni fisiologiche e filosofiche, e come abbia potuto proporsi di rifare sistematicamente a suo modo i pezzi più celebrati della poesia antica e moderna, tentando di superarli mediante artifici ingegnosi e di gareggiare con le altre arti con descrizioni minuziosissime di architetture, statue, canti e danze. Ciò che
costituisce l'interesse dell'opera e fa dell'Adone un monumento unico nel suo genere non è dunque la poesia, bensì quel gusto dello stupefacente che lo ha ispirato e lo ha reso opera tipica del barocco letterario, l'esemplare per eccellenza di quel gusto vizioso che ha trovato nelle condizioni culturali e morali dell'Italia del Seicento il clima più propizio per svilupparsi e nell'ingegno fervido di quel virtuoso della poesia che fu il Marino, l'artefice più atto per condurlo sino alle estreme conseguenze.

L'Adone è esso medesimo un idillio inviluppato in un macchinismo mitologico. (De Sanctis).

Mario Fubini

© 2009 - Luigi De Bellis