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IL SEICENTO
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Introduzione all'Arcadia
Quadro
storico. Il '700 è, nel
complesso, il secolo in cui si
compie il processo di
reinserimento dell'Italia nella
politica europea, mediante la
partecipazione alle guerre di
successione spagnola, polacca e
austriaca. I trattati di Utrecht
(1713) e di Rastadt (1714), coi
quali si conclude la guerra di
successione spagnola, iniziata
nel 1700, sanciscono la fine del
dominio della Spagna in Italia e
l'inizio di quello austriaco
(Napoletano, Sardegna e
Milanese. La Sicilia viene
assegnata al re Vittorio Amedeo
II di Savoia). La Spagna cercò
di riconquistare la Sicilia e la
Sardegna, ma l'Austria decise di
annettersi anche la Sicilia
assegnando la Sardegna a
Vittorio Amedeo.
Con la pace di Vienna (1738),
che pone fine alla guerra di
successione polacca (1733-35),
la situazione dell'Austria
subisce un grave rovescio:
Napoli e la Sicilia passano ai
Borboni spagnoli e i
franco-piemontesi
s’impadroniscono della
Lombardia, ma i Savoia devono
accontentarsi di Novara e
Tortona; l'Austria riesce solo
ad ottenere il ducato di
Parma-Piacenza e il granducato
di Toscana (dove nel '37 si è
estinta la dinastia medicea): la
Toscana è attribuita al duca di
Lorena, marito della futura
imperatrice austriaca Maria
Teresa (durante la guerra la
Lorena era stata occupata dai
francesi).
La pace di Aquisgrana (1748)
conclude la guerra di
successione austriaca che fu
causata dalla morte
dell'imperatore Carlo VI (1740),
che non aveva figli maschi e
che, temendo che la sua morte
avrebbe potuto fornire agli
Stati europei il pretesto per
smembrare i domini austriaci,
aveva emanato un decreto
(Prammatica Sanzione) col quale
stabiliva, per la prima volta,
che in mancanza di una
discendenza maschile la corona
sarebbe passata di diritto a
quella femminile. Prima che
l'imperatore morisse, la maggior
parte degli Stati europei aveva
riconosciuto la Prammatica
Sanzione (e quindi la figlia di
Carlo VI, Maria Teresa, come
erede al trono), ma dopo la sua
morte, Francia, Prussia,
Polonia, Baviera e Napoletano
fecero 8 anni di guerra per
spartirsi i domini austriaci (il
re borbone di Napoli aspirava al
ducato di Parma-Piacenza; la
Spagna aspirava alla Lombardia).
La pace di Aquisgrana stabilì:
a) Maria Teresa erede della
corona austriaca,
b) annessione della Slesia da
parte della Prussia,
c) annessione del ducato di
Parma-Piacenza da parte del
Napoletano,
d) il regno sabaudo si allarga
fino al Ticino. Dopo questa pace
l'Europa raggiunge un equilibrio
per circa mezzo secolo.
·
Appendice della guerra di
successione austriaca fu la
guerra dei Sette anni (1756-63)
tra Prussia e Austria, che
risolse in favore della Prussia
e dell'Inghilterra sua alleata,
che riuscì a distruggere la
potenza coloniale e marittima
della Francia, alleatasi
nell'occasione con l'Austria.
L'Arcadia. L'Accademia
d'Arcadia viene fondata nel 1690
a Roma, da parte di un gruppo di
letterati (Gravina, Crescimbeni…)
che erano soliti frequentare il
circolo letterario istituito
dall'ex regina Cristina di
Svezia, stabilitasi a Roma
(1655) dopo aver abdicato ed
essersi convertita al
cattolicesimo. Questi letterati,
promuovono, con l'appoggio della
Curia romana, l'antibarocchismo
e la restaurazione classicistica
(Arcadia è il nome di un'antica
regione della Grecia, dove,
secondo la tradizione
letteraria, i pastori, vinta la
durezza della vita primordiale,
vivevano felici, in semplicità).
I soci del circolo fondarono
sezioni in tutta Italia. Il
classicismo cui essi si rifanno
è soprattutto quello di
Petrarca, ma anche quello di
Poliziano, Lorenzo il
Magnifico...
Il nuovo mito è quello
idillico-bucolico-pastorale,
simile per astrattezza di
contenuti alla poetica e alla
letteratura del '600, ma diverso
nelle forme dal barocco
decadente di quel periodo. Il
nuovo ideale è quello di una
letteratura semplice, chiara,
disciplinata (l'Arcadia non a
caso accettò la filosofia
razionalistica di Cartesio,
ovviamente nei limiti
dell'ortodossia cattolica e
rifiutando l'identità di poesia
e scienza). Il mondo immaginato
resta fantastico, senza
complicazioni sentimentali,
sereno, lontano dalle
stravaganze della letteratura
barocca, che deformava gli
aspetti del reale fino
all'assurdo. L'Arcadia adottò
tutta una simbologia pastorale
(ad es. il suo protettore è Gesù
Bambino, che si manifestò
anzitutto ai pastori).
Guerra e imperialismi sono
assenti dall'Arcadia: l'avidità
dell'avere è un disvalore, così
come la violenza d'ogni tipo,
simboleggiata dalla figura del
satiro libidinoso. Sono quindi
assenti, nella costruzione della
sua utopica società anarchica,
il commercio e l'industria, ma
anche l'agricoltura. L'Arcadia
infatti, essendo un movimento di
intellettuali aristocratici,
affida alle astrazioni
dell'amore platonico e dell'arte
poetica e musicale il compito di
riconciliare l'uomo con la
natura. L'Arcadia si è sempre
sentita come assediata da un
mondo proteso verso il profitto
e, dando per scontata la propria
sconfitta, ha preferito
rifugiarsi nel profondo delle
foreste o fra montagne
inaccessibili o in isolette
solitarie. Rispetto alla Nuova
Atlantide baconiana e alla Città
del Sole di Campanella è meno
filosofica e più "ambientalista"
(le idee-guida sono poche ma
precise: l'albero, l'animale,
l'uomo, il corso d'acqua sono
membri paritetici dello stesso
ecosistema).
L'Arcadia si sviluppò come un
fenomeno culturale utopistico,
restando sostanzialmente
estranea a tutte le grandi
vicende che scossero l'Italia e
l'Europa nella prima metà del
'700. Essa cercò di diffondere i
valori e gli ideali
dell'aristocrazia intellettuale
attraverso gli strumenti
artistici che allora diventavano
sempre più popolari: teatro,
melodramma, commedia ecc. In tal
senso l'Arcadia ha allargato le
prospettive dello sviluppo
culturale italiano a livello
nazionale, realizzando un
intelligente anche se frivolo
equilibrio rispetto alla cultura
controriformistica e barocca:
essa infatti seppe accostare tra
loro le varie regioni italiane e
contribuì a livellare le
differenze di ceti e classi
permettendo a chiunque di
potersi iscrivere all'Accademia.
Il successo dell'Accademia
infatti sarà immediato, come
sarà immediato il suo declino
quando in tutta Europa si
diffonderanno le idee degli
illuministi. (Tuttavia il mito
del buon selvaggio roussoviano
risentirà dell'influenze
arcadiche).
Il maggior rappresentante
dell'Arcadia è Pietro Metastasio
(al secolo Pietro Trapassi).
Nasce a Roma nel 1698 da una
famiglia povera. Viene adottato
ancora ragazzo, per le sue
qualità artistiche, da Gian
Vincenzo Gravina (un letterato
dell'Arcadia) che lo avvia agli
studi dei classici greco-latini
e degli autori del '500. La
moglie (una celebre cantante) lo
induce a scrivere melodrammi. La
Didone abbandonata (1724), a
carattere patetico-sentimentale,
fu un grande successo. Dopo aver
scritto altri melodrammi, la sua
fama divenne così grande che la
corte di Vienna gli offrì
l'incarico di poeta cesareo[1].
Il suo ambiente quindi fu quello
dell'alta aristocrazia e il suo
teatro quello imperiale. Il
genere che si era scelto era
quello dell'opera seria, cioè lo
spettacolo nobile per
eccellenza. Sarà appunto a
Vienna che comporrà i suoi
migliori melodrammi, ammirato da
tutti. Porre in musica uno dei
suoi drammi sotto la sua
supervisione veniva considerato
un onore per un compositore, un
importante traguardo ai fini
della carriera di operista.
Rimase estraneo alle idee
illuministiche della IIa metà
del '700. Morì a Vienna nel
1782.
Metastasio si pose il problema
di dare dignità artistica e
severità morale ad un genere
screditato presso gli
intellettuali: il melodramma,
essendo esso caratterizzato da
atteggiamenti ridicoli e
farseschi (mescolanza di tragico
e comico, di eroismo ed
erotismo, eccessiva
scenografia). La sua riforma del
melodramma consiste:
a) distingue nettamente poesia e
musica, privilegiando la prima
(la musica come commento della
poesia);
b) non segue alla lettera le tre
regole aristoteliche di unità di
tempo-luogo-azione;
c) al centro delle sue opere vi
è sempre un eroe (Enea, Tito,
Attilio Regolo...) che vince se
stesso, sacrificando al dovere
gli affetti e le passioni, ma il
protagonista è un personaggio
più vicino ai cortigiani e
aristocratici del '700 che non
agli eroi tradizionali della
cultura greco-latina, che è
sicuramente più tragica;
d) il gusto melodrammatico
respinge sia gli estremi della
tragedia che lo scontro
drammatico di passioni violente
e la rappresentazione realistica
di vicende quotidiane. I
contrasti fra passione e dovere,
sentimento e ragione non
diventano mai grandi scontri
ideali e morali. Il mondo del
Metastasio è quello della
commedia dolce-amara dell'amore,
con apparenze serie e decorose.
Con i suoi melodrammi
sentimentali egli anticipa il
Goldoni, con quelli eroici
anticipa l'Alfieri.
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[1] "Cesareo" perché i sovrani
asburgici, in qualità di eredi
del sacro Romano Impero,
mantenevano il titolo di Cesare,
abolito poi da Napoleone I.
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