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IL SETTECENTO
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Giuseppe Parini
Nacque a
Bosisio (oggi Bosisio Parini),
presso il lago Pusiano
(Lombardia), nel 1729, da un
umile filatore di seta Francesco
Maria PARINO (il poeta mutò poi
la desinenza del cognome). Dopo
avere fatto i primi studi sotto
la guida dei due parroci di
Bosisio Carlo Giuseppe Calbiati
e Carlo Giuseppe Gilardi, a nove
anni si recò a Milano per
studiare e fu ospite di una
vecchia prozia, sorella del
nonno paterno, Anna Maria Parino
vedova Lattuada, che, alla
morte, gli lasciò un modesta
rendita a condizione che si
facesse prete. Il Parini accettò
e benché non avesse innata la
vocazione del sacerdozio, fu
ineccepibile nel suo ufficio.
Frequentò dal 1740 le scuole di
Sant'Alessandro, tenute dai
barnabiti; ma non per negligenza
bensì per le disagiate
condizioni economiche della
famiglia fu scolaro tutt'altro
che assiduo, sicché all'ultimo
corso, di teologia speculativa,
giunse soltanto nell'anno
scolastico 1751- 1752. Assunto
come precettore nella casa del
Duca Serbelloni, ebbe modo di
constatare personalmente la vita
frivola e parassitaria della
nobiltà milanese. Dopo sette
anni si licenziò per protesta
contro il comportamento della
duchessa che aveva
schiaffeggiato la figlia del
maestro di musica. Visse per
alcun tempo in miseria, ma la
fama intanto acquistata con i
suoi saggi e le sue poesie
(molte composte nell'ambito
dell'Arcadia, cui partecipò
attivamente col nome di Ripano
Eupilino "Ripano" era
l'anagramma del cognome Parino
ed "Eupilino" voleva suonare
omaggio al paese nativo, situato
sulla riva del laghetto di
Pusiano, denominato latinamente
Eupili.) gli procurò molti e
importanti uffici pubblici da
parte del governo austriaco (la
direzione della "Gazzetta di
Milano", la cattedra di
eloquenza nelle Scuole Palatine
ed infine la sovraintendenza
alle scuole pubbliche. Incarichi
altrettanto importanti ebbe dai
Francesi entrati in Milano nel
1796, ma ben presto, vecchio e
disgustato dal comportamento dei
"liberatori", si ritirò a vita
privata. Morì nel 1799, l'anno
in cui in Milano ritornarono gli
Austriaci. Le sue ossa andarono
disperse perché una legge del
governo.
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