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GIOVANNI BOCCACCIO
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FRATE CIPOLLA
Personaggio
di una novella di Giovanni
Boccaccio (Decamerone, giorn. VI,
nov. 10). Una novella sola, e
una sola avventura in essa
descritta bastarono al genio del
Boccaccio per creare una figura
tra le più felici e le più
giustamente popolari di tutta la
nostra tradizione letteraria.
Frate Cipolla riconosce la sua
origine da un'osservazione
satirica: la grossolana e
fortunata astuzia di troppi
frati cercatori, i quali
andavano in giro a provocar
laute offerte dal volgo dei
credenzoni campagnoli
appellandosi non tanto alla fede
del loro uditorio (ché di fede
ne avevan troppo poca essi
stessi) quanto sfruttando senza
ombra di scrupoli la semplicità
e la superstizione altrui. Ma il
motivo satirico è ben presto
superato dalla simpatia umana e
poetica. Perché il Boccaccio
ammira e giustifica quasi con un
riso indulgente il suo eroe: la
sua furberia gli sembra un
naturale trionfo dello spirito
sulla troppa stupidità del
mondo, ed egli non sa risolversi
a condannare frate Cipolla
quando questi applica a suo
pro'il noto adagio: "Vulgus vult
decipi, ergo decipiatur".
Rotondo, piccolotto e
grassoccio, rosso di pelo, dalla
parlantina sciolta e l'occhio
vivo, frate Cipolla è, tutto
sommato, "il miglior brigante
del mondo", cioè l'uomo che sa
stare nelle più allegre brigate:
un simpatico compagnone che,
svolto il suo compito e raccolte
le offerte, ha ancora tanto
spirito da essere il primo a
ridere degli espedienti testé
adoperati con le persone che
sanno apprezzare le sue qualità.
Giunto in Certaldo per la solita
questua, egli ha promesso quel
giorno di mostrare ai credenti,
quasi a ricompensa della loro
benefica generosità, nientemeno
che "una penna dell'angelo
Gabriello". Due giovani
buontemponi suoi conoscenti
pensano di giocargli un brutto
scherzo e di mettere una volta
tanto il furbone in difficoltà:
approfittando della distrazione
del servitore del frate (perché
frate Cipolla va sempre in giro
con una specie di servitore che
lo aiuta a portar le bisacce, un
buffo e sudicio tipo del quale
egli suol farsi gioco, e che
risponde al nome di Guccio
Imbratta, o anche Guccio Porco),
i due trovano nel suo bagaglio
una cassettina con dentro una
splendida penna di pappagallo,
quella stessa evidentemente
ch'egli avrebbe di lì a poco
dovuto mostrare in chiesa;
gliela sottraggono, riempiendo
invece la cassetta di carboni, e
poi si mischiano al già folto
uditorio, per vedere come
riuscirà a cavarsela l'amico.
Frate Cipolla, dopo un
discorsetto preliminare, si fa
portare infatti la cassettina,
promette di mostrare la penna, e
l'apre fra grande aspettativa.
Vi guarda dentro, impassibile,
ringrazia nuovamente Iddio; e
senza un attimo d'esitazione si
lancia in un mirabile discorso,
raccontando con florita
eloquenza tutti i suoi viaggi,
le molte reliquie che egli aveva
avuto la fortuna di trovare;
alcune delle quali egli ha
portato seco quel giorno; e
finisce per annunciare
tranquillamente come quella
mattina prima di mettersi in
viaggio, invece di prendere la
cassettina contenente la penna
dell'angelo Gabriello ne avesse
presa un'altra in tutto simile,
contenente alcuni di quei
carboni sui quali fu arrostito
il martire san Lorenzo, la cui
festa anzi ricorreva proprio di
lì a qualche giorno, onde non
era da escludere che fosse stato
d'ispirazione divina il suo
abbaglio... Quei carboni dunque
egli mostrerà per ora ai buoni
Certaldesi incantati; e per di
più farà loro la grazia di
segnarli tutti con essi: perché
chi avrà una croce segnata sugli
abiti con quei carboni "foco nol
toccherà che non si senta!".
Così con la sua prontezza di
spirito frate Cipolla trionfa
dei beffatori, i quali restano
ammirati e scornati, e saranno i
primi a congratularsi con lui
della sua bravura. Ma il lungo
discorso che egli così
argutamente ha improvvisato non
ha avuto il solo scopo di
riparare all'impensata
sostituzione: non era neppure
necessario tanto sfoggio di
spirito per un così semplice
uditorio! Esso è in realtà un
compiaciuto sfogo della fantasia
inventiva di fra Cipolla: una
girandola di scherzi e di lazzi,
un fuoco d'artificio di immagini
burlesche ond'egli traveste da
viaggi meravigliosi le sue
semplici peregrinazioni, dando a
credere favolose avventure senza
discostarsi in sostanza quasi in
nulla dall'umile realtà, uno
spettacolo che egli dà a se
stesso e ai pochi furbi presenti
che sono in grado di intenderli.
Un tocco di più, in sostanza, al
suo carattere per cui frate
Cipolla si eleva bene al di
sopra della meschina e
interessata astuzia di tanti
suoi simili, da uomo di spirito
e, a suo modo, da artista. Ed è
questo il tratto che dà
un'impronta schiettamente
originale alla sua figura,
rilevando dalle linee più comuni
del suo tipo un vero e proprio
carattere, e meritandogli la
fama di cui egli tuttora gode.
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Mario Bonfantini |
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