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Protagonista del romanzo L'innocente di
Gabriele D'Annunzio. Nuova incarnazione di
Andrea Sperelli, anch'egli è cinico, raffinato,
sensuale, amaramente e inutilmente consapevole della
propria aridità; ma messo in una situazione che accentua
quel vivere ai confini fra il cinismo e la sensibilità
morale, fra la libidine e una specie di "bontà" che
dovrebbe negare quella, e invece l'intorbida. Infinite
volte colpevole di fronte alla moglie, Giuliana, quando
alfine torna a lei con l'amore di un volta, egli trova che
anch'ella nel frattempo, in un inganno momentaneo dei
sensi, gli è stata infedele, e ora ne porta in seno le
conseguenze. E, moralmente costretto a perdonare a lei che
tante volte gli perdonò, Tullio non sopporta senza odio
l'innocente bambino; finché l'uccide. Quando aderisce ai
suoi momenti cinici e lucidi, il personaggio ripete la
genuinità psicologica stata già di Andrea Sperelli; più
concreto fantasticamente, tuttavia, dove il processo
morale e l'analisi cedono il luogo al tema della mortale
voluttà, in un'atona e stupefatta immobilità dei
sentimenti. Ma il guaio del personaggio, come del romanzo,
è il suo frequente obbedire a influssi dostoevskiani e
tolstoiani, per atteggiarsi nella dubbia "bontà" del
Giovanni Episcopo. In ragione di codesti influssi
estranei e collaterali, Tullio Hermil è rimasto meno
tipico di Andrea Sperelli fra i personaggi dannunziani;
senza dire che la trama romanzesca in cui è situato lo
allontana già per sé dal nucleo genuinamente psicologico
ove il D'Annunzio possa riconoscersi senza schermo. |