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IL SETTECENTO
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Vico: Sapienza poetica e mito
Gli uomini, secondo la notissima
formula vichiana, «dapprima
sentono senza avvertire, dippoi
avvertono con animo perturbato e
commosso, finalmente riflettono
con mente pura». Ma porre
all'inizio della storia il senso
e la bestialità, affermare che
le origini dell'umanità
«dovettero per natura essere
piccole, rozze, oscurissime»,
voleva dire rinunciare in modo
definitivo alla millenaria
tradizione della «sapienza
riposta», abbandonare ogni
tentativo di interpretazione
allegorica dei miti, avviarsi a
localizzarli storicamente
interpretandoli come
l'espressione tipica e
caratteristica di un primitivo
mondo magico, diverso dal nostro
mondo, retto da differenti
categorie, dominato da
differenti modi di vivere e di
percepire la vita. I miti non
appaiono più il frutto
dell'invenzione dei poeti, o il
prodotto dell'opera di astuti
sacerdoti che mirano a
nascondere al volgo la verità
fasciandola di mistero. Non sono
né arbitrarie invenzioni, né
travestimenti di antiche verità
filosofiche: in essi trova
spontanea e naturale espressione
la natura miticofantastica
dell'umanità primitiva e in essi
prende forma l'immaginazione
collettiva dei primi popoli.
Per ricostruire quella
metafisica «sentita ed
immaginata» che fu
caratteristica dell'aurora del
genere umano è necessario però
superare da un lato la «boria
dei dotti» che considerano « ciò
che essi sanno... antico quanto
che '1 mondo» e attribuiscono
quindi ai primitivi la loro
propria sapienza, e dall'altro
la «boria della nazioni»,
ciascuna delle quali vuole «aver
prima di tutte le altre
ritruovati i comodi della vita
umana». È necessario cioè
emendare il nostro intelletto,
modificare in profondità il
nostro atteggiamento di fronte
al passato, rifiutare un modo
d'essere che è caratteristico
della mente umana e che è alle
radici di tutti gli errori che
son stati commessi relativamente
alla storia delle origini. Solo
rifiutando la mentalità
antistorica e deformante che
proietta nel mondo primitivo le
categorie della ragione, si
potrà ricollocare i miti nel
loro tempo, interpretarli come
documenti di un'umanità diversa
dalla nostra, evitare che quel
mondo appaia, com'è finora
apparso ai filosofi, tutto
intessuto di assurdità, di
contraddizioni, di incongruenze,
di sconcezze morali. All'ardua
ricostruzione della cultura e
delle istituzioni dell'umanità
primitiva è dedicato il secondo
libro della seconda Scienza
nuova. A differenza di quanto
facciamo noi moderni, Vico
identifica mito e poesia ed usa
il termine «poetico» come
sinonimo di «mitico» e di
«primitivo». In quella
fanciullezza del mondo che Vico
va ricostruendo, la sapienza
poetica si esprime in forme
diverse; metafisica, logica,
politica, fisica, astronomia,
geografia, cronologia furono
tutte poetiche. Attraverso di
esse trova espressione un mondo
che non può essere interpretato
in base alla logica della
ragione.
Nell'età poetica dominano
infatti quelle facoltà, come il
senso, la fantasia, l'ingegno,
la memoria, che «mettono le loro
radici nel corpo e prendon
vigore dal corpo». E poiché i
primi uomini, come fanciulli del
genere umano, erano volti al
concreto e al particolare e non
erano in grado di elaborare
concetti astratti e di costruire
universali, si foggiarono dei
«caratteri poetici» o
«universali fantastici» che sono
i modelli o «ritratti ideali» di
una molteplicità di particolari
fra loro rassomiglianti. Intorno
a un'immagine concreta e
corpulenta si costruisce un
sapere. In quel mondo, che è
ancora prelogico e prerazionale,
l'immagine di un'entità singola
sostituisce il concetto e
adempie la funzione che verrà
esercitata dal concetto in un
secondo momento, quando,
nell'età della ragione spiegata,
la mente sarà pervenuta ad
«astrarre le forme». Proprio
come accade nei fanciulli che
apprendono e nominano «con
l'idee e nomi degli uomini,
femmine, cose che per la prima
volta hanno conosciuto... tutti
gli uomini, femmine, cose
ch'hanno con le prime alcuna
somiglianza o rapporto». Allo
stesso modo gli antichi
egiziani, che non erano filosofi
e non «si intendevano di
universali», simboleggiano nella
figura di Ermete Trismegisto
tutti i loro ritrovati utili o
necessari al genere umano, e più
tardi i greci riconducono ad
Achille «tutti i fatti dei forti
combattivi» e ad Ulisse «tutti i
consigli de' saggi».
I concetti, le astrazioni, la
ragione non sono dunque un punto
di partenza, ma il punto
d'arrivo di un complicato
processo. Fonti per la
ricostruzione del mondo remoto
al quale Vico si volge non
saranno più - come voleva la
storiografia tradizionale - le
testimonianze degli storici, dei
filosofi, dei letterati, ma gli
stessi miti, le etimologie, i
riti, le istituzioni sociali e
religiose, la legislazione delle
dodici tavole, i poemi omerici e
i grandi frantumi
dell'antichità: i monumenti, gli
avanzi archeologici, le
leggende, le monete, gli usi e
costumi popolari. Tutto quel
materiale cioè che è più tardi
apparso pertinente
all'archeologia, alla mitologia
comparata, all'etnologia,
all'antropologia culturale, alla
sociologia, alla storia del
folclore e delle tradizioni
popolari.
I popoli, i gruppi, le classi,
non gli individui, sono i
protagonisti della storia
narrata da Vico. Ricondotti alle
loro lontane radici, i miti
appaiono manifestazioni della
vita collettiva, valgono a farci
intendere quali fossero le
istituzioni, i sentimenti e le
passioni, i mutamenti politici e
sociali. Sono «le prime storie
delle nazioni gentili», le «vere
e severe istorie de' costumi
delle antichissime genti di
Grecia». Il mito di Minerva,
nata dal cervello di Giove che
Vulcano fendette con una scure,
è il mito delle contese eroiche:
Minerva è il principio degli
ordini civili e Vulcano plebeo è
la moltitudine dei famuli che
ruppero il regno di Giove, ossia
le monarchie teocratiche. La
lotta di Ercole con Anteo è la
lotta fra i nobili delle città
eroiche e i famuli ammutinati.
Nettuno è il principio dell'arte
nautica che fa tremare le terre
per il terrore dei corseggi. Le
favole di Minosse, degli
Argonauti, della guerra troiana,
del ritorno di Ulisse, del
Minotauro, di Perseo, di Teseo,
sono i corseggi e i ladronecci
eroici, la fondazione delle
colonie .
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