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IL NEOCLASSICISMO
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IL PURISMO
Durante gli anni del
neoclassicismo fu vivamente
sentito il problema della
lingua, che nel corso del secolo
precedente si era notevolmente
imbarbarita per l’influenza
della cultura illuministica.
Contro l’inquinamento dovuto
all’uso sempre più frequente di
"gallicismi" e di vocaboli
volgari, insorse dapprima il
veronese Antonio Cesari, che
propugnò un rigoroso ritorno
alla lingua dei grandi
Trecentisti e, in pratica, al
Vocabolario della Crusca, di cui
curò la ristampa.
Delle stesse idee, ma più
moderato, fu il piacentino
Pietro Giordani, che si dichiarò
favorevole all’uso di vocaboli
tratti dai migliori scrittori
dei secoli successivi al
Trecento.
Decisamente contrario al Cesari
fu il Monti, che, con i suoi
collaboratori - fra i quali il
genero Perticari -, compilò in
sette volumi una "Proposta di
alcune correzioni ed aggiunte al
Vocabolario della Crusca"
(1817-1826): la tesi del Monti
era che la lingua è un organismo
vivente in costante evoluzione e
che perciò non può essere
bloccata in forme rigide; la
lingua è inoltre un patrimonio
nazionale e perciò, come non
deve accogliere vocaboli ed
espressioni straniere, così non
può limitarsi alle esperienze di
una sola regione (Toscana) e
tanto meno a quelle di una sola
città (Firenze).
In questi anni il dibattito
sulla lingua fu assai vivace, ma
bisognò attendere il Manzoni
perché il problema venisse a
soluzione. E’ però significativo
che le varie teorie avessero in
comune l’esigenza di
salvaguardare l’ "italianità"
della nostra lingua.
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