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Raccolta di prose pubblicata a Milano nel 1938 e ivi, in
edd. accresciute, nel 1943 e 1949. Una eccezionale unità
critica stilistica circola nelle pagine di questo libro,
"abbastanza inafferrabile per quel che riguarda il
contenuto; ricco soltanto d'immagini, sensazioni e
nostalgie" (son parole dell'autore): ma si tratta di
immagini e nostalgie che non si enucleano arbitrariamente
da un astratto disegno razionale, sibbene da un'autentica
ricerca di profondità d'atmosfera che risolve in
interpretazione lirica e celebrazione stupita il senso più
profondo dei luoghi e delle civiltà. Questo è il valore e
l'incanto dei brevi ritratti cittadini in cui il volume si
articola, delle veloci ma intense visioni, di Ferrara
("mito di gioventù perenne", colmo di presenza femminile e
poetica), della fluida Venezia, di Roma rinascimentale e
barocca, del sensuale paesaggio marchigiano (dove, nella
"Visita a Recanati", la visione si concretizza in un
riconoscimento puntuale, ossessivo, dell'ambiente
leopardiano: la casa, il giardino, la finestra "fornicatrice";
e alla fine si identifica, al colmo della partecipazione,
con la sofferenza e la nostalgia della propria
giovinezza). Qui la prosa disegna, in una sua flessuosa e
cristallina tessitura, in una grazia immateriale,
sentimenti puri, zone di storia in fantasia di leggenda,
un'ansia di spazio e di prospettive grandiose, un tono di
esaltazione che si acuisce nella solennità degli attacchi
e nella scandita enfasi di certe chiuse: le linee
architettoniche e paesistiche dell'oggetto divengono
contenuto emotivo, che sprona la fantasia e raffina le
virtù classiche dello stile. E il miracolo si rinnova
nelle pagine sull'Etruria natia. Sì ricordi: "La tomba del
guerriero", con quella visione di Tarquinia, città sacra
"adagiata come un panno al sole", patria del dio etrusco
("Schizzò dalla zolla, a un colpo di vomere dato da un
bifolco, ed era un fanciullo canuto: immagine della
sapienza originaria e della spiga matura e argentea. Nato
vecchio, scomparve rapidamente come l'erba del prato al
tempo della fienatura"); e "Gli etruschi", dove, in toni
liricamente rapiti, affiorano una favola originaria,
un'atmosfera sacra di rivelazione, e il senso accorato e
tragico d'un umano naufragio.
Arcangelo De
Castris Leoni |