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Una
vita violenta |
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Romanzo pubblicato nel 1959. Un libro
teso, aspro, fuori dal ciclo neorealistico: l'oggettività
del discorso erompe netta e furiosa, efficacissima. Narra
la vera storia della vita breve, vissuta con passione, di
Tommaso Puzilli, un giovane dei sobborghi romani; egli è
l'archetipo di quella gioventù la cui "condizione di
esistenza incorrotta" viene costantemente celebrata da un
Pasolini in cui si riconoscono le origini borghesi.
Tommasino e i suoi compagni appartengono al
sottoproletariato, a una classe che "senza quella
coscienza borghese e moralistica vive semplicemente in
maniera selvaggia: figli della miseria e della depressione
economica". Queste persone non possono essere definite
asociali; vengono considerate piuttosto creature di Dio,
create proprio per il paradiso: paragonabili ai gigli, che
non lavorano, agli uccelli che non seminano né raccolgono,
ma che ugualmente vengono nutriti. Carlo Levi li definisce
perciò "incredibilmente simpatici", poiché suscitano
"compassione per un mondo che non conosce compassione". La
vita violenta di Tommasino e dei suoi amici viene
raffigurata come un gesto dell'impotenza contro un mondo
che non li tiene in considerazione e che inesorabilmente
li condanna a scomparire senza lasciar traccia, a restare
esistenze senza storia. Prostitute e benzinai vengono
derubati, senza che per questo i "ragazzi" di Pasolini
appaiano dei malviventi; essi si vendono a omosessuali,
senza che tuttavia possano essere definiti ragazzi
prostituti; passano giorno e notte oziando nella capitale
- che assume un ruolo da protagonista - e, malgrado ciò,
non possono essere bollati come oziosi vagabondi.
Tommasino e i suoi amici vivono molto semplicemente al di
fuori di ogni ordinamento sociale che li possa
condizionare, e, grazie a ciò, la loro esistenza assurge a
mito di una vitalità trionfante. Cercando luce e amore,
due concetti-chiave dell'autore, essi trovano chiarezza,
benevolenza e comprensione proprio lì dove la società si
attende sporcizia, depravazione, servilismo e odio
primitivo. L'ordine dei valori morali diventa relativo;
Pasolini, ateo solo in apparenza, annuncia il primitivo
vangelo cristiano della compassione verso la sciagurata
avidità degli affamati. Il suo Tommasino è un naufrago
nella società, un fallito nell'amore e nel mito della
forza fisica, e muore dopo una vita che non lo ha nemmeno
registrato. La sua fine resta un fatto casuale, come
quella del protagonista del film Accattone: "Un nuovo
sbocco di sangue: egli tossì, e tossì, senza riuscire a
riprendere fiato, e addio Tommaso". P. fu accusato di
"oscenità"; in realtà egli era ricorso a un "linguaggio
non ancora articolato e organizzato" (Levi) proprio per
ottenere certi effetti realistici, proseguendo il
tentativo - già iniziato in Ragazzi di vita - di rinnovare
il linguaggio letterario con il gergo e il dialetto quali
espressioni di una realtà popolare non ancora giunta a
identificarsi con la vita nazionale. Si tratta di "una
forma di espressione artistica nuova, in larga misura
autonoma, che lascia le forme letterarie finora usate
molto dietro di sé, e permette di rendere meglio le
diverse sfaccettature, la ricchezza, il colore, i mezzi
toni, le violenze e la sensibilità dei personaggi" (H.V.
Cramer).
Manfred Strauss
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