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IL DECADENTISMO
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ANTONIO FOGAZZARO
Nacque a Vicenza nel 1842. In
gioventù visse dapprima a
Torino, ove si laureò in
giurisprudenza, poi a Milano,
ove entrò in contatto con gli
esponenti della scapigliatura,
ma già nel 1869 fece ritorno a
Vicenza, ove, abbandonata la
professione di avvocato, si
dedicò esclusivamente alla
letteratura fino alla morte,
avvenuta nel 1911.
Spirito profondamente religioso,
visse la sua religiosità con
scarso equilibrio ma con intenso
fervore, pervaso spesso da una
sorta di esasperato misticismo,
che più volte lo fece deviare
dalla ortodossia cattolica e gli
procurò finanche la messa
all’indice del suo romanzo “Il
santo”. Aderì pure alla corrente
del “modernismo”, che si
proponeva di conciliare la
dottrina cattolica, fondata sui
dogmi, con le conquiste del
pensiero scientifico, e nei
momenti di crisi religiosa non
mancò di interessarsi con
torbido compiacimento allo
spiritismo ed alle scienze
occulte.
Animo irrequieto fu dunque il
Fogazzaro, smanioso di liberarsi
delle pastoie di un conformismo
borghese opprimente, ma incapace
altresì di formulare in termini
di chiarezza una nuova visione
della società, delle sue regole,
della sua cultura.
Per questi aspetti è da
considerare un decadente e segni
della spiritualità decadente
sono, ovviamente, rintracciabili
nella sua poetica e chiaramente
avvertibili nella sua arte.
La poetica del Fogazzaro
respinge nettamente la teoria
veristica e, risalendo alle
esperienze idealistiche del
primo romanticismo nordico,
propone un'arte che recuperi
alle radici, nella sua
primordiale sublimità, la natura
umana, sostenendola nella
incessante e drammatica lotta
contro la “bestia oscura che
sopravvive in noi”: un discorso,
come si vede, abbastanza
astratto, tipico di una
coscienza turbata e di una
personalità incerta.
Le caratteristiche più salienti
della sua arte sono da
individuare, appunto, nel
costante turbamento derivante
dal contrasto insolubile tra la
sua sensualità e il suo
misticismo, nei continui
tentativi di mettere a nudo
tutto quanto è riposto nel più
profondo dell’animo, nella
tendenza a forgiarsi uno stile
quanto più possibile alieno
dalla tradizione.
Dopo un poemetto in versi
sciolti, “Miranda”, ed una
raccolta di liriche, “Valsolda”,
il Fogazzaro diede alle stampe
il suo primo romanzo, “Malombra”
(1881), la cui protagonista
(Marina di Malombra) rispecchia
fedelmente la personalità
dell’Autore, confusa e inquieta
fra lo spasimo dei sensi e
l’ardore mistico, impegnata in
una lotta che spesso sbocca in
soluzioni allucinate.
Il tono e la natura di questo
primo romanzo non avranno
svolgimento, ma si ripeteranno
nei successivi romanzi, che
furono accolti con grande favore
in Italia ed all’estero, ma che
oggi la critica tende a
ridimensionare notevolmente
nella loro validità: “Daniele
Cortis” (1884), “Il mistero del
poeta” (1888), “Piccolo mondo
antico” (1895), “Piccolo mondo
moderno” (1900), “Il Santo”
(1905) e “Leila” (1910).
L’opera maggiore del Fogazzaro è
comunque unanimemente
riconosciuta in “Piccolo mondo
antico”, che narra il contrasto
spirituale fra due giovani
sposi, Franco Maironi e Luisa
Rigey, in costante conflitto per
la diversità delle idee
religiose e politiche, benché
legati da un profondo reciproco
amore. Frequenti le separazioni
ed i ritorni, ma quando muore
annegata l’unica figlioletta (Ombretta-pipì),
sembra proprio che per i due
sposi-amanti non ci sia più
possibilità di incontro.
Senonché proprio dall’incontro
che doveva segnare il definitivo
addio fra i due giovani,
riaffiora quella passione
sottile e misteriosa che aveva
rappresentato l’anima della loro
unione e gli sposi si
riconciliano. Da loro nascerà
Piero Maironi, il protagonista
dei due successivi romanzi del
Fogazzaro, “Piccolo mondo
moderno” e “Il Santo”.
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