IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

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GIACOMO LEOPARDI

PROFILO DEL LEOPARDI


L'elemento saliente della vita di Giacomo Leopardi è il fatto di essere trascorsa nella sofferenza e nell'infelicità. Ma si deve subito riconoscere che nel Leopardi l'esperienza della deformità e della malattia non rimase «un motivo di lamento individuale», ma «divenne un formidabile strumento conoscitivo». Forse anche per la personale cognizione del dolore, cioè, egli seppe guardare a fondo, più a fondo di tanti altri, nella realtà che lo circondava. Dopo sette lunghi anni spesi in uno «studio matto e disperatissimo» che lo portò a formarsi una prodigiosa cultura e a scrivere opere filologiche ed erudite, il Leopardi nel 1816 ,matura il passaggio dall'erudizione al bello, cioè alla poesia. Di poco successiva è l'amicizia col Giordani.
Il 1819 è un anno di crisi: il Leopardi matura la conversione dal bello al vero, moltiplica le sue riflessioni filosofiche ed elabora la teoria del piacere. Degli anni 1818-1822 è la prima produzione lirica importante, che si orienta sui due versanti delle canzoni di stampo classicistico (ora su temi di impegno civile, ora su temi di riflessione esistenziale) e degli idilli, che sono un esempio di immediata, quasi diaristica trascrizione dei moti dell'animo del poeta. Tra di essi: L'infinito e Alla luna. Nel 1822 compie un soggiorno a Roma, ma ne prova una grande delusione. Il rientro a Recanati determina un'ulteriore crisi. Nascono in questo periodo le Operette morali, che pur nella varietà dei temi che rielaborano e sviluppano spesso precedenti riflessioni affidate allo Zibaldone - presentano tutte una sconsolata visione del mondo e un atteggiamento di ironico-distacco. Le Operette morali, sul piano della riflessione, segnano anche l'approdo dal pessimismo storico, (che reputava l'uomo e la ragione colpevoli dell'umana infelicità) al pessimismo cosmico (che viceversa reputa la natura colpevole dell'infelicità dell'uomo, per avergli instillato l'esigenza della felicità, di una infinita felicità, che gli viene poi però sistematicamente negata).
Dopo la stesura delle Operette morali il Leopardi riesce nel 1825 a lasciare Recanati in virtù di una collaborazione editoriale che gli garantisce un minimo di autonomia economica. Soggiorna a Bologna, Firenze e Pisa. In questi anni (1825-1827) va precisando ulteriormente il suo sistema pensiero in direzione di un rigoroso e coerente materialismo, che trova esposizione ancora nelle riflessioni dello Zibaldone. Tra il novembre del 1827 e il giugno del 1828 è a Pisa. Sente, dopo anni di silenzio poetico, risorgere i1 bisogno di far versi: inizia così una nuova stagione di grande poesia e si apre con A Silvia il secondo ciclo dei Canti. Il forzato ritorno a Recanati significa per lui sprofondare in una cupa disperazione, in una «notte orribile», che dura sedici lunghi mesi, ma a Recanati compone Le ricordanze, il sabato del villaggio, Il canto notturno. Come nei precedenti idilli, domina nei canti pisanorecanatesi la poetica dell'indefinito e del vago, mentre sul piano dei contenuti al risorgere degli affetti non corrisponde il risorgere delle illusioni, ché anzi questa lirica tratta, sui fondamenti filosofici maturati negli anni precedenti, proprio il tema della caduta delle illusioni e della natura 'matrigna'.
Grazie a una sottoscrizione degli amici toscani il Leopardi può nuovamente lasciare Recanati nel 1830. Si trasferisce a Firenze. Il Leopardi degli ultimi anni esce con animo fermo e deciso dalla desolata disperazione del precedente soggiorno recanatese: «è un Leopardi nuovo che ha un suo messaggio da consegnare all'umanità, una sua verità sconsolata e virile da esporre e difendere» (Sapegno), un Leopardi conscio della propria grandezza, disposto a combattere per le proprie idee e più attivamente interessato ai problemi sociali e politici del proprio tempo. La delusione seguita all'amore per Fanny Targioni Tozzetti ispira il ciclo di Aspasia, che segna anche un sensibile mutamento di poetica. Nel 1832 scrive il Dialogo di Tristano e di un amico, nel quale esplicitamente polemizza con quanti attribuiscono alla sua malattia la sua concezione pessimistica del mondo, e in genere con la cultura del proprio secolo. Degli ultimi anni, trascorsi in una sempre più ansiosa attesa della morte, sono altre importanti opere: la satira politico-culturale dei Paralipomeni della Batracomiomachia, i Pensieri (incompiuta sistemazione di alcune riflessioni dello Zibaldone) e alcuni canti, tra cui Il tramonto della luna e soprattutto La ginestra, che costituisce la summa della sua riflessione degli ultimi anni, in cui il radicale pessimismo si coniuga con un nuovo slancio utopico, nell'appello a tutti gli uomini a consociarsi contro il comune nemico, la natura, e in cui trova la suprema consacrazione la nuova poetica non più idillica. A Napoli Giacomo Leopardi muore nel 1837.

 

© 2009 - Luigi De Bellis