Le opere di Giuseppe Antonio Borgese

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Parliamo di

  Giuseppe Antonio Borgese
Analisi opere
 1 Gabriele D'Annunzio
2 Golia, la marcia del fascismo
3 Rubè
4 Poetica dell'unità
5 Storia della critica romantica in Italia
6 Tempo di edificare
7 La vita e il libro
8 I vivi e i morti

 


Gabriele D'Annunzio
 

Saggio pubblicato a Napoli nel 1909. Apparso in pieno periodo dannunziano, al centro dei contrasti e delle polemiche biografiche, ideologiche ed estetiche, costituisce il tentativo di una distinzione di poesia e non poesia entro l'opera dannunziana, e, insieme, di interpretazione del fenomeno D'Annunzio nei suoi diversi aspetti di idee di poesia, di storia. L'analisi estetica è costruita su una struttura rigidamente idealistica, secondo un ritmo triadico di tesi, antitesi e sintesi. A un primo periodo di felice rappresentazione del proprio mondo dei sensi, gioioso, privo di contrasti e di problemi, che Borgese identifica col Canto novo, seguirebbe una lunga crisi, dall'Intermezzo di rime  fino al Fuoco, dove la sensualità lineare dei versi giovanili si complica di stanchezze, di raffinamenti, di tristezze, decadendo sul piano dell'arte a una letteratura ambigua e forzata, e tenta invano le opposte soluzioni dell'impegno morale (Giovanni Episcopo, L'innocente, e dell'ideologia del superuomo, con tutte le conseguenze di falsità, di retorica, di cattivo patriottismo. Con la Laus vitae si avrebbe la sintesi dei due momenti precedenti, inglobati in un nuovo slancio dei sensi trionfanti, ma consapevoli della crisi, nel più alto risultato dell'opera dannunziana (a cui Borges. aggiunge anche Francesca da Rimini, La figlia di Iorio, e, nelle Laudi, Alcione. Più attuali, tuttavia, di questa costruzione un po'troppo rigida, anche se le analisi particolari delle opere dannunziane, soprattutto negli aspetti negativi, sono spesso felici o stimolanti, sono alcuni concetti critici che Borges. raccoglie a conclusione del suo saggio: la decisa affermazione dell'alto valore di poesia dell'opera dannunziana, rivendicata di fronte a Pascoli e soprattutto di fronte a Carducci giudicato da Borgese "poeta minore e provinciale" a paragone con la ricchezza, la potenza, l'incidenza culturale della miglior arte dannunziana; la capacità di distinguere la poesia di D'Annunzio pur senza restare implicato nella sua ideologia, anzi giudicandola con oggettiva acutezza; la definizione dell'arte dannunziana come poesia dei sensi e della materia che ignora il cuore dell'uomo e non sa che violenza, sangue, fuoco, lussuria, e il riferimento di essa a un'"età di stanchezza storica", di cui sarebbe la più alta espressione; le notazioni sullo stile dannunziano, che unirebbe la massima libertà lessicale all'estrema regolarità sintattica; la riduzione del suo mondo a un angusto, monotono e malato ambito di nozioni, con la parallela rivendicazione dell'eccezionale forza di D'Annunzio nell'espressione di questo mondo così limitato. Sono concetti che, sia pure corretti e moderati (a esempio, l'idea che Borgese ha del decadentismo, come estraneo all'esperienza dannunziana, non è più sostenibile) valgono tuttora. Averli espressi quando l'opera di D'Annunzio era ancora in pieno svolgimento, aver saputo distinguere tanto puntualmente i valori della poesia e le falsità delle ideologie e averne visti i rapporti, è non piccolo merito del saggio.
Giorgio Barbieri Squarotti

 

Luigi De Bellis