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Sibilla
Aleramo |
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Sibilla Aleramo
(anagraficamente Rina Faccio) nacque ad Alessandria nel
1876. Dopo le esperienze - matrimonio, maternità,
abbandono della famiglia - narrate nel suo primo romanzo
Una donna (1906) visse una vita di particolare intensità
per la divulgazione delle posizioni femministe cui si
dedicò, per l'«esuberanza fisica ed emotiva» che
contrassegnò la sua vita sentimentale (ebbe relazioni con
Giovanni Cena, narratore e poeta col quale si impegnò in
attività sociali nell'Agro romano, e con Cardarelli,
Slataper, Papini, Boine, Campana) e per la perenne
dedizione alla letteratura (che la portò sovente a
scambiare la vita con la letteratura, a viverla attraverso
filtri e mediazioni letterarie). Fra le sue numerose opere
ricordiamo: le prose di Andando e stando (1920), i romanzi
Amo dunque sono (1927), Il frustino (1932), le liriche di
Momenti (1920), Si alla terra (1935), Cuci della mia sera
(1956).
Nei 1925 sottoscrisse il manifesto degli intellettuali di
Croce; dopo la seconda guerra mondiale militò, con
incarichi culturali, nel Partito comunista italiano, Mori
a Roma nel 1960. Postumi sono usciti nel 1978 Diario di
una donna. Inediti 1945-1960, e nel 1979 Un amore insolito
1940-1944.
Pubblicato nel 1906 dall'Aleramo trentenne, Una donna
racconta in prima persona la vicenda umana dell'autrice:
l'infanzia e l'adolescenza, il matrimonio, ancora in
giovane età, l'esperienza della maternità, i conflitti
familiari, la lenta e faticosa conquista di una nuova
identità femminile, l'abbandono del marito e del figlio
per una realizzazione più autentica di se stessa. Storia
di una vicenda e di un itinerario intellettuale
individuali; il romanzo Una donna è anche «specchio e
riflesso di una realtà sociale osservata con occhio
attento. È cioè impossibile separare lo sguardo
autobiografico da quello sociale in quanto attraverso la
descrizione di quanto accade ai membri di un nucleo
familiare l'autrice mette a fuoco buona parte dei problemi
della società italiana a cavallo dei due secoli»
L'aspetto di "romanzo femminista" fu subito colto alla sua
apparizione e ne favorì l'eccezionale successo non solo di
pubblico ma anche di critica: se ne interessarono Graf,
Ojetti, Panzini, Pirandello. «Acclamato; insieme a Casa di
bambola di lbsen, come la bibbia dei femminismo, sarà
raccomandato da Anatole France a Caiman-Lévy, che lo
pubblicherà in Francia nel 1908, tradotto da Pierre-Paul
Pian. Nel 1909 sarà pubblicato in Germania con prefazione
di Georg Brandès, poi tradotto in inglese, russo,
spagnolo, svedese, polacco» (A. Morino).
Sul valore letterario di Una donna ha scritto Maria
Corti:
É tempo di fare giustizia alla
scrittrice e di partire per tale operazione dal suo primo
vero libro, Una donna, che può essere letto, come vedremo,
in diverse chiavi e con diversi messaggi che si completano
a vicenda. La prima lettura, forse più ovvia ma anche
quella a cui spetta la priorità, si lega al punto di vista
autobiografico; cioè il personaggio femminile che dice io
(e che i semiologi chiamano spesso "l'io fittizio") si
identifica in vari episodi con la narratrice. Di qui una
certa intensità del narrare; il fatto che le sofferenze e
le ansie della protagonista non siano immaginarie, ma
reali, che i rischi di quella dura guerra che era la vita
per una donna pensante nell'ultimo decennio dell'Ottocento
e ai primi del Novecento siano stati rischi personali dà
un sapore di verità al libro senza affatto farlo scadere a
cronaca. La Aleramo, lasciando a certe pagine del romanzo
il tono efficace del libro della memoria, ha fatto delle
vicende autobiografiche non freddi documenti di una causa,
ma prove di qualcosa. Fra gli esempi del recupero
memoriale si possono porre: i trasferimenti del padre,
l'attività di lavoro della figlia nella fabbrica del
padre, le crisi depressive della madre, la violenza
fisica, ma non amorosa, subita dalla ragazza da parte di
un impiegato della fabbrica e il conseguente matrimonio,
l'aborto, la nascita di un figlio, l'abbandono .finale di
marito e figlio per un bisogno etico di rinnovamento.
Insomma, la struttura del romanzo è autobiografica; lo
sono certi personaggi (padre, madre, marito, figlio, il
profeta ecc.) e il gioco combinatorio delle loro
principali azioni; lo è l'aspirazione della protagonista a
scrivere, a entrare nel mondo della cultura e della
riflessione sociale. Però se molti sono gli elementi
autobiografici, il libro non può dirsi come genere
letterario un'autobiografia, ma è un vero romanzo. Dove
sta allora il divario?
Direi proprio a livello di scrittura, cioè di distacco
dalla referenza; l'Aleramo è stata capace, e come si sa il
primo nucleo del romanzo risale al 1901 mentre la stampa è
del 1906, di distanziare la propria vita e così
trasformare sé e i familiari in personaggi autonomi.
Secondariamente, un ben articolato rapporto fra diegesi e
mimesi, cioè fra rappresentazione dei fatti e descrizioni
di cose e persone ha contribuito a dare la misura
romanzesca al libro. Si aggiunge anche qualche flash-black
a favorire con il rovesciamento della fabula o ordine
referenziale la fisionomia romanzesca del libro.
E lo stile? I modelli? Il discorso qui sarebbe lungo,
soprattutto perché implicherebbe un esame, impossibile in
questa sede, dei rapporti fra l'attività giornalistica
della Aleramo e quella di scrittrice. Poi vi sono le sue
letture alle quali già ha fatto cenno Emilio Cecchi nella
Prefazione del libro ristampato nel 1950, cioè testi
anglosassoni sull'emancipazione della donna e romanzi
europei vari oltre agli articoli delle riviste femministe,
fra cui non possiamo non ricordare La donna che certo ha
agito nel subconscio della Aleramo al momento di dare
titolo al suo test Lo stile del romanzo è per i suoi tempi
vivo e moderno sul piano sintattico, mantiene alcune
ingenuità (ma era un'opera prima!) a livello lessicale e
soprattutto dell'aggettivazione. Forse l'autrice non ha
ancora raggiunta la coscienza di un'unità stilistica: a un
italiano abbastanza colloquiale si affiancano espressioni
alquanto auliche in un contesto di inversioni di pretta
tradizione culturale; per esempio: "si palesavano come un
eccesso spasmodico di cui ella stessa aveva coscienza,
nell'atto, e rimorso". Molti gli incisi e le interrogative
retoriche, che conferiscono a volte alla pagina qualcosa
di enfatico.
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