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Piero
Gobetti |
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Vissuto
solo 25 anni, perché le aggressioni fasciste ne stroncano
la giovane esistenza, Piero Gobetti, nato a Torino nel
1901, lascia un segno indelebile nella storia nazionale,
come intellettuale e come organizzatore di cultura. Nel
1918 fonda la rivista «Energie nuove», che si colloca nel
solco della tradizione democratica salveminiana e alla
quale questo direttore diciottenne riesce a far
collaborare Gramsci e Croce, G. Lombardo-Radice e
Valgimigli. La frequentazione del gruppo gramsciano
dell'«Ordine Nuovo», la meditazione sugli eventi russi, lo
studio del Risorgimento lo portano alla elaborazione di
un'ipotesi politica nella quale i principi dell'89 vengano
coniugati col ruolo di rinnovamento che la classe operaia
è destinata a svolgere: nasce così nel 1922 la rivista
settimanale «Rivoluzione liberale», che con l'avvento del
fascismo diventa la più prestigiosa tribuna
dell'opposizione. Ad essa Gobetti accompagna una casa
editrice le cui scelte sono caratterizzate dal coraggio e
dal sicuro gusto critico (un esempio per tutti: la
pubblicazione nel 1925 degli Ossi di seppia di Montale).
Intanto si infittiscono nei suoi riguardi i fermi, gli
arresti, i sequestri della rivista. Nel settembre 1924
viene selvaggiamente aggredito, e tuttavia nel dicembre dà
vita ad una nuova rivista, «Il Baretti», con la quale mira
a trasferire sul piano culturale e letterario quella
opposizione che sul piano politico è ormai impossibile
(«Rivoluzione liberale» è infatti costretta al silenzio
nel novembre 1925). Agli inizi del 1926 sceglie l'esilio,
ma a Parigi una bronchite - postumo delle bastonature
fasciste - lo stronca il 15 febbraio dello stesso anno.
Un'edizione speciale del «Baretti» (che continuerà a
uscire sino al 1928) commemora il suo direttore. Solo
alcune opere di Gobetti sono uscite prima della sua morte
(fra l'altro: La filosofia politica di Vittorio Alfieri,
1923; La rivoluzione liberale 1924); sono uscite postume,
nelle edizioni de «Il Baretti», nel 1926 Risorgimento
senza eroi e Paradosso dello spirito russo.
Tensione morale e strategia politica
Non essendo questa la sede (purtroppo...) per dare
un'ampia documentazione del pensiero politico di Gobetti,
ci limitiamo a presentare alcuni testi che, anche se
estrapolati dal loro contesto, fissano alcune linee di
fondo e alcune costanti dell'azione politico-culturale da
lui svolta. La quale ha sempre una vibrante carica etica,
nasce anzitutto da un'opzione morale che fa da retroterra
alle scelte politiche. C'è chi ha parlato a questo
proposito di "moralismo" gobettiano, dando alla
definizione un significato se non spregiativo certamente
limitativo. Ma - c'è da chiedersi - se non nasce da tutta
una serie di motivazioni morali, da un particolare modo di
sentire con responsabilità e coerenza i doveri del proprio
ruolo, a che cosa si riduce l'attività politica?
Movimento operaio e nuovi
illuministi
E' la conclusione di un articolo pubblicato su
«Rivoluzione liberale» del novembre 1922 («la data di
questo numero è incerta: esso porta, erroneamente, quella
del 23 novembre; con ogni probabilità uscì invece il 9»,
Brioschi). Richiamiamo l'attenzione sul fatto che l'azione
dei nuovi illuministi viene vista - ed è una precisa
strategia politica, altro che "moralismo"... - in
collegamento col "movimento operaio".
Illuminismo
Lo spazio per un'azione politica di "rivoluzione liberale"
si restringe sempre più e Gobetti, fermo nei suoi
propositi, anzi con maggior tensione ora che ha già
sperimentato le prime persecuzioni fasciste, pensa ad una
rivista letterario-culturale. E' ovvio che il suo modo di
concepire l'attività letteraria, e culturale in genere, è
ben diverso da quello di gran parte dei suoi
contemporanei, che un po' per necessità un po' per cinismo
si adeguano al fascismo trionfante. |
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