LA POESIA DI JACOPONE
Prendendo a fondamento l'esame del lessico e della
sintassi di Jacopone, queste pagine mettono in luce la
violenta tensione morale; la polemica contro il mondo e
il male, il traboccare del sentimento al di là di ogni
limite, che si esprimono nel disdegno per la bella forma
e nel ricorso a un linguaggio gridato e acceso.
La poesia di Jacopone è tutta dominata da interessi e
problemi psicologici: lo attesta il linguaggio, spesso
assai ricco di termini astratti, di natura appunto
psicologica e riferentesi alla vita dello spirito, e
povero invece di termini concreti e riguardanti le cose
materiali. Certe espressioni hanno un significato
pregnante, nascono da un complesso lavorio interno e ne
sono il segno e il risultato. Un linguaggio cosiffatto è
quello di uno spirito librato in un'atmosfera rarefatta,
preoccupato del problema della propria perfezione,
continuamente tendente verso l'alto, e insieme attento
ai propri movimenti, non in modo riflesso e non con
l'interesse distaccato e prevalentemente estetico dello
psicologo moderno, ma con un senso vigile, direi quasi
esasperato, della responsabilità morale che accompagna
quei movimenti. Ciò risulta evidente dal comparire di
termini e frasi di una concretezza talvolta brutale:
sono espressioni di dispregio per sé medesimo, o di
aborrimento per il, peccato, che rivelano quale acuto
senso Jacopone abbia del contrasto tra la perfezione a
cui aspira e la realtà della sua vita e del mondo. Il
termine energico, grossolano, plebeo è cercato con
l'evidente scopo di dar forza all'espressione, e ciò
accade sopra tutto nella prima sezione del laudario
iacoponico, che contiene, come si è detto, riflessioni
sul peccato, sulla vanità delle cose terrene, sulla
morte. Nell'insistenza sul tono violento e sui termini
spregiativi si coglie l'odio e direi quasi il rancore
contro il mondo e le sue brutture. A volte, per es.
nello sviluppo dato al tema, pure tradizionale, della
contemplazione della morte, il particolare orrendo è
rilevato con grossolana ironia, e sono usate espressioni
di immediata efficacia rappresentativa.
Il desiderio di mettere in evidenza il lato vergognoso
od orribile, sia materialmente, sia moralmente, crea
immagini e paragoni rapidi e inaspettati.
Il senso dei contrasti fra la realtà e l'ideale morale,
e l'atteggiamento di lotta contro il male si traduce
anche in una tendenza drammatica, che continuamente crea
dialoghi e dibattiti, fra il peccatore e la Vergine, fra
l'anima e il corpo, fra i cinque sensi, e cosí via.
Anche nei componimenti inizialmente lirici interviene
talvolta un interlocutore, un oppositore, che solleva
obbiezioni, quasi portavoce di una coscienza attenta,
guardinga, sospettosa. Sentimenti, facoltà, concetti
astratti si configurano concretamente in
personificazioni, presentate pittorescamente di scorcio,
con efficace brevità.
Il movimento drammatico è accresciuto dalle frequenti
apostrofi, spesso unite all'esclamazione, che non sono
un espediente retorico, a cui Jacopone ricorra con
coscienza riflessa di artista, ma il frutto di un
atteggiamento spontaneo della sua fantasia, che
continuamente crea di fronte a sé figure concrete da
esortare e persuadere, o con cui discutere o combattere.
Il senso del contrasto morale atteggia tutto per
antitesi e contraddizioni, che sono cosí accostamenti di
espressioni contrastanti per tono, come di termini di
significato contrario.
La stessa sintassi jacoponica, che costituisce
indubbiamente una delle maggiori difficoltà del testo, è
prova di una psicologia inquieta e combattuta: la
prevalenza della coordinazione asindetica sulla
subordinazione, che dà un andamento spezzato
all'espressione e i cambiamenti di costruzione
denunciano la continua reazione morale del poeta di
fronte al suo oggetto: è mescolato sempre alla visione
un giudizio che modifica e altera l'espressione;
biasimo, indignazione, disprezzo sono palesi nello
stesso atteggiarsi della frase.
Un fattore morale entra anche nell'atteggiamento di
Jacopone di fronte alla propria cultura. Poeta
indubbiamente colto ed esperto della tecnica poetica,
possiede lo strumento necessario per esprimere le
riposte esperienze del suo spirito, per- cercare nella
tradizione, in un ritorno volontario su tali esperienze,
la sistemazione razionale di ciò che ha provato, per
tentare l'esposizione dei dogmi della fede. Come uomo
del Medio Evo, apprezza la dottrina, ma solo in quanto
sia rivolta a fini morali e pratici; la cultura che
abbia valore soltanto umano e terreno gli sembra, come
ad altri Spirituali, colpevole e peccaminosa, ed egli va
oltre gli uomini del suo tempo, non per quello che è
espresso, ma per quello che è sottinteso nel suo
atteggiamento: perché non ricerca neppure la bella
veste, che, adornando la dottrina, la renda accetta.
Donde, di fronte agli schemi elaborati di certi suoi
componimenti, alle forme culte delle rime che ricalcano
tipi latini, alle espressioni latineggianti di passi di
contenuto teologico, o elevate e astratte delle laudi
mistiche, alle reminiscenze e citazioni bibliche dei
passi di tono solenne, o di contenuto. apocalittico e
profetico, ecco certe sprezzature del linguaggio, certi
atteggiamenti giullareschi, gli schemi semplicissimi di
certe laudi, e in generale le forme grossolane e volgari
già accennate, che dicono, a chi studi Jacopone da un
punto di vista stilistico, la stessa cosa che talune
affermazioni esplicite di disprezzo per la cultura. Il
suono aspro e spezzato dei versi iacoponici denuncia la
noncuranza ed anche l'ostilità per la bella forma, che è
inutile e colpevole ornamento, perché a più profonde e
importanti cose si devono rivolgere tutte le forze
dell'uomo. L'accasa di rozzezza spesso fatta a Jacopone
ha forse la sua radice più che altro nella constatazione
di tale asprezza di forma, in parte voluta, in parte
ottenuta inconsciamente.
Uno degli aspetti più evidenti delle poesie mistiche di
Jacopone, è la ridondanza dell'espressione. La pienezza
e la violenza sentimentale proprie del mistico sembrano
rompere gli argini dell'espressione comune e riversarsi
in gridi, in esclamazioni, in ripetizioni, in immagini
eccessive e accese.
La mancanza di misura, sia nel senso dell'equilibrio
della composizione, sia in quello della calma e
limpidezza dell'espressione, l'eccesso del sentimento
non domato e purificato, sono difetti essenziali di
Jacopone, che appunto per essi è stato più volte
condannato come poeta mancato, senza tuttavia che
vengano meno l'interessamento che suscita la sua
singolare personalità, e il valore reale, che
l'espressione, sia pure difettosa e incompleta di essa,
possiede. Hanno la stessa origine profonda gli aspetti
diversi ed opposti che la poesia íacoponica presenta, e
proprio per questo compenetrarsi di pregi e difetti essa
lascia perplessi ed incerti ed è cosí diversamente.
valutata: la ridondanza è qualità insieme negativa e
positiva, segno cioè di equilibrio artistico non
raggiunto, di mancanza di disciplina formale, e nello
stesso tempo di una ricchezza sentimentale rara. La
violenza dell'espressione, tolta al linguaggio amoroso
profano, ma con una libertà e crudezza ed anche
sincerità passionale singolari, è un fenomeno che, pur
ripetendosi in tutti i mistici, assume in ciascuno
qualche carattere speciale. In Jacopone l'impeto prevale
sul languore proprio di diversi temperamenti. Con il
linguaggio carnale e acceso di certe laudi siamo già nel
campo della metafora, che è un mezzo, in questo caso,
per esprimere l'inesprimibile. |