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L'aiuola bruciata |
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Dramma in tre
atti rappresentato per la prima
volta il 24 settembre 1953 a San Miniato e pubblicato
postumo, con altri drammi del Betti, a Bologna nel 1955.
Andati volontariamente a vivere presso il confine di un
paese immaginario, nella sede riattata di una vecchia
dogana in abbandono, Giovanni, uomo politico,
rivoluzionario di grande rilievo ma ormai scaduto nella
considerazione dei suoi, e Luisa sua moglie, si ripiegano
angosciati sulla tragedia che li ha colpiti: l'unico loro
figliolo, il giovinetto Guido, lasciato solo in casa, è
stato trovato sfracellato su una aiuola bruciata. In preda
a una sognante follia, la madre giorno per giorno si
smarrisce dietro fantasmi di voci e di immagini che
ingombrano la sua parte di rimorso, e invano cerca di
ricostruire il fatto inspiegabile (alla fine Giovanni
rivelerà a Luisa che il figlio non morì per disgrazia, ma
si tolse la vita). Giungono intanto alcuni vecchi compagni
di lotta, e propongono a Giovanni di recarsi con un drappo
bianco alla frontiera, ove sono attesi da una delegazione
del paese confinante, per cercare di metter pace fra due
popoli che rappresentano due mondi, due ideologie opposte,
e giovare così alla causa. Ma la verità è che alle mene
dei politicanti è necessario un morto e questo morto
designato è lo stesso Giovanni (un compagno nascosto dovrà
infatti uccidere il primo, che varcherà il confine,
provocando in tal modo una guerra risolutiva). Ignaro di
tutto, non più convinto che l'errore sia solo di "quelli
di là", Giovanni finisce col cedere, anche perché Nicola,
il nuovo capo, s'è rifiutato fingendo una grave malattia.
Ma Rosa, figlia di un fornaio cresciuta nelle idee
rivoluzionarie, lo avverte del tranello. Giovanni tenta di
fuggire, ma è tradito dalla moglie che lo odia,
ritenendolo responsabile della morte del figlio, e lo
denuncia al partito. Sarà la piccola Rosa a spingersi
avanti col drappo bianco, e a cadere colpita a morte.
Giovanni prende tra le braccia, pegno d'amore, la creatura
esanime e s'avvia, mentre in tutti c'è la speranza che
l'aiuola (la terra) possa rinverdire. "Diremo ciò che
occorre, e ci ascolteranno". Il dramma, cosa frequente nel
teatro di Betti, è come inceppato da nuclei di motivi che
faticano a risolversi in piena compiutezza espressiva. Il
desiderio di sciogliere l'angoscia della solitudine e
l'ansia di capire che cosa significhi sentir la morte da
presso, sono i temi che animano alcune delle scene più
riuscite, mentre il sentimento della responsabilità, altro
motivo fondamentale nel teatro bettiano, assume qui
dimensioni più vaste divenendo responsabilità collettiva.
Alfredo Barbina
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