|
|
|
Poesie
grigioverdi |
|
|
Raccolta di poesie composte fra il 1914
e il 1921. La prima parte (1914-17) è stata pubblicata a
Roma col titolo Poesie grigioverdi nel 1917, alcuni brani
della seconda (1917-21) sono apparsi la prima volta in
riviste. Tutte le poesie sono state riedite nel 1942 a
Brescia insieme a una prosa introduttiva, "Memoria e
vita", e al poemetto Il viaggio, del 1941, che dà il
titolo all'intero nuovo volume (dall'Alvaro
stesso definito "pagine d'un diario"). Le prime poesie
s'ispirano all'esperienza della guerra mondiale,
preannunciando il romanzo autobiografico del 1930 Vent'anni
che ne dà una più ricca ricostruzione. Alvaro
insiste, in particolare, sul motivo drammatico della
guerra come doloroso distacco del giovane soldato dalla
sua terra, dalla famiglia e dalla casa, secondo quella sua
tematica, che svilupperà in altre forme, legata alle
tradizioni del Sud e alla difficile necessità per l'uomo
meridionale di emigrare altrove. Sono queste le poesie di
maggiore intensità: "Pastorale", in cui un abile
cacciatore di lupi, costretto ora a rivolgere contro i
nemici la sua bravura, afferma la necessità di ucciderne
molti per poter essere ripagato della casa che ha dovuto
abbandonare; "Il contadino soldato" che confessa di amare
il lavoro agricolo e di fare la sua parte in guerra solo
per orgoglio di fronte alle donne e ai bambini; "A un
compagno", ove l'Alvaro
chiede a un commilitone di portare alla famiglia la
notizia della sua morte, non appena sarà avvenuta, ma in
termini di consolazione; "Lettera a casa", che è un saluto
ai genitori e ai fratelli; "Mio fratello che va alla
guerra", ove l'Alvaro
partecipa alla solitudine del fratello lontano da casa in
età più giovane della stia. Succedono, nella seconda
parte, alcune poesie del tempo di pace, sui primi
trasalimenti amorosi e sul sogno di una vita felice presto
stroncato dalle difficoltà della cattiva sorte: e toccano
il momento più alto nel "Compianto", in cui A. reagisce al
suo fatalistico pessimismo con un appello virile a tutti
gli uomini perché "la nostra esperienza" che ha aperto "la
coscienza di tutto quanto è umano" non vada perduta: "Che
tutto questo non sia stato invano". Non sono grandi
poesie, perché ad Alvaro mancava il senso della
concentrazione fortemente emotiva e, soprattutto, del
ritmo musicale; perciò in esse l'esposizione è quasi
prosastica, nonostante la presenza delle rime, e priva di
impennate liriche. Tuttavia, le prime specialmente,
arricchiscono quel panorama della letteratura non
conformista, di guerra, che da Jahier (Con me e con gli
alpini, Firenze, 1919) a Palazzeschi (Due imperi...
mancati, ivi, 1920), rifugge dalla violenza e vi oppone il
conforto della solidarietà fra gli umili.
Giorgio Pullini
|
|
|
|