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GIOVANNI BOCCACCIO
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IL CORBACCIO
Opera satirica scritta tra il
1354 e il 1355. Il significato
intenzionale esatto del titolo è
incerto: corbaccio può valere
brutto corvo, uccellaccio di
malaugurio; secondo altri:
frusta, flagello (dallo spagnolo
corbacho); è comunque probabile
fosse un'espressione metaforica
alquanto triviale del gergo
corrente, il cui esatto sapore
andò perduto. Il titolo
Corbaccio si trova di solito
accompagnato dal sottotitolo "Laberinto
d'Amore", desunto dall'argomento
del libro, e apparso
nell'edizione fiorentina del
1487. Causa della composizione
fu una poco brillante avventura
amorosa del Boccaccio ormai
quarantenne, che invaghitosi di
una graziosa vedovella, le
rivela per lettera il suo
"ardente desiderio". Ne
ricevette in risposta una
letterina alla quale il
Boccaccio abboccò, spiegandosi
con maggior ardore e precisione
in una seconda lettera. La donna
mostrò le due lettere a un suo
ganzo, sollazzandosi poi
pubblicamente a spese del
Boccaccio che si trovò schernito
"a guisa d'uno beccone". Col
libro fece la sua vendetta,
trasferendola, con la mano ormai
usa al largo e felice novellare,
nel quadro fantastico della
visione. Dormendo, l'autore
sogna di errare per incantevoli
luoghi (le lusinghe dell'amore),
quand'ecco, senza che egli se ne
fosse accorto, si trova in una
selva selvaggia e inestricabile,
che è il Labirinto d'amore, o il
Porcile di Venere, dove espiano,
trasformati in bestie, i miseri
irretiti dal fallace amor della
donna. Interviene in buon punto
un'ombra inviata dal cielo a
salvare il Boccaccio, che si
rivela essere proprio il defunto
marito della nera vedovella e
che gli rivela le nefande
astuzie e le vituperevoli
intimità di quella degna
rappresentante del sesso
femminile creato a vergogna e
dannazione dell'uomo. Al
Boccaccio è imposto come
penitenza di rivelare ai vivi
quanto a udito: cosa che egli si
accinge a eseguire con la
miglior voglia del mondo. Il
Corbaccio è l'opera più
turgidamente vivace del
Boccaccio, ricca di umori
vituperevoli e sarcastici e di
rancori nella cui espressione
l'autore ha messo a frutto tutte
le risorse della sua
scaltrissima penna. E in questo
senso il libro è di una vivace
immediatezza autobiografica; ma
non bisogna dimenticare che
l'opera va inserita e gustata
anche nel foltissimo quadro
della letteratura misogina
medievale che il Boccaccio, in
parte, senza dubbio conosceva;
dal Romanzo della Rosa, ai
Favolelli, al Castigabricon, ai
temi della poesia goliardica, e
via di seguito. Se il pregio del
Corbaccio è la sua vivacità, il
suo difetto è una certa opacità
e diffusa tensione derivante
dalla mancata liberazione
psicologica e, di conseguenza,
artistica, degli umori e dei
rancori che si agitano nel
libro.
L'autore volge le spalle al
Medioevo e inizia la letteratura
moderna. (De Sanctis).
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Daniele Mattalia |
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