L'ALTERCAZIONE
Poemetto filosofico pastorale in
sei capitoli ternari ove,
sull'esempio teocriteo e
virgiliano, un cittadino (Lauro,
cioè Lorenzo) e un pastore
(Alfeo) disputano, indicando
l'uno i mali della vita urbana,
l'altro di quella campestre e
conchiudendo, per bocca di
Marsilio Ficino, che l'unica
felicità è in Dio. Un giorno,
nella villa di Careggi, Lorenzo
e il suo maestro Ficino avevano
discusso appunto di questo,
constatando che la felicità non
si trova nei beni dipendenti da
natura e da fortuna, ma nel
godimento del Sommo Bene, cui si
giunge attraverso l'amore
universale. Dottrina ficiniana,
neoplatonica: l'imperfezione di
ogni cosa terrestre e la
tendenza a risalire dal
molteplice all'uno, ad affisarsi
nella luce del sole dopo aver
contemplato gli oggetti terreni,
da essa impregnati. Se pure
sinceri sono nel Magnifico il
desiderio di pace e l'esigenza
mistica, l'opera è ugualmente
mancata; lavoro probabilmente
giovanile, essa contrasta col
temperamento artistico di
Lorenzo, amante del particolare
concreto e qui costretto a
disputare di universali astratti
in una difficile ginnastica di
sillogismi, che rimangono per
lui un dilettoso gioco. Se il
suo sottile ingegno meritò anche
in questa prova gli elogi del
magno Ficino sotto i venerabili
cipressi dell'Accademia
Fiorentina, la poesia si
perdette nei labirinti della
logica. Puoi al più ammirare a
volte il tono solenne, ove
traluce un'ispirata religiosità
rimasta però atmosfera, non
concretata in immagini, e a
volte la sapienza psicologica:
ma le descrizioni sono povere e
banali e nulla ti fa prevedere
il rude poeta realistico
dell'Ambra e della Nencia.