CANZONIERE
La
varietà delle fonti di questo
Canzoniere denota in Lorenzo,
sin da giovane, la varia cultura
e l'interesse filosofico: egli
non si accontenta del solito
Petrarca, ma ricorre per primo
allo stilnovo, più ricco di
teorie amorose, e cerca di
unificare tutte queste
reminiscenze nella dottrina
erotica del neo-platonesimo,
giuntagli attraverso Marsilio
Ficino. Dottrine e poesie
misticheggianti che quadravano
con il sogno di un amore
giovanile, ma contribuivano ad
accentuare la tendenza alla
astrazione metafisica. Alle Rime
Lorenzo volle, a imitazione
della Vita Nuova, aggiungere un
commento, in prosa aulicamente
compassata, e con questo ne mise
a nudo lo scheletro razionale,
con una precisione pedantesca,
quasi si trattasse di una
dimostrazione scientifica e non
di epigrammatici giochi di
parole, di bisticci galanti,
lasciando nel lettore
l'impressione che siano tutte
ugualmente costruite a freddo,
da un macchinoso gioco della
mente, che sillogizza,
arzigogola, stilla concetti
sottilissimi. Così è di buona
parte delle Rime, non di tutte
per fortuna, poiché la poesia
riesce a volte a liberarsi dalle
strette della logica,
soprattutto quando Lorenzo sa
guardare con semplici occhi una
situazione concreta. Celebri
sono alcuni sonetti idillici, di
una grazia e di una eleganza
stilizzata che ha dell'arcadico:
tali il "Sonetto delle Rose" e
quello "A Venere fatto in sul
Rimaggio" ("Lascia l'isola tua
tanto diletta"). Ma poesia più
vera e personale trovi in altri
sonetti meno celebri, ove
trabocca la piena dell'affetto,
con quel senso di intimità
umana, di dolce tenerezza, che è
la nota propria di Lorenzo poeta
d'amore e che ricomparirà nelle
Selve. Specialmente dev'essere
ricordato il "Sonetto scritto al
Duca di Calabria in nome di una
donna": questa lamenta non la
castità o la libertà perduta, ma
l'abbandono, e piange sulla sua
vita spezzata, sull'inutile sua
bellezza; conforto e tormento le
rimane il ricordo di quell'ora,
che fu causa di tanta gioia e
tanto dolore. Dramma umano
semplice e sincero, di grande
finezza psicologica, se pure la
narrazione è un po'prosastica.
Del pari eccellono le
descrizioni delle api e delle
formiche, dove trovi il vero
realista, che non ritrae solo le
apparenze esterne, ma le anime
degli animali: la gioia
dell'operosità, più gretta e
faticosa nelle formiche, più
facile e gioconda nelle api.
Nel suo Canzoniere appariscono
forme e idee convenzionali;
anche vi domina lo spirito, di
cui avea sì gran dovizia! Ma c'è
lì una sua impronta; vi è un
sentimento idillico e una
vivacità di immaginazione che
alcuna volta ti rinfresca e ti
fa andare avanti con pazienza.
(De Sanctis)