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MANZONI: Tutto sui
"Promessi sposi" Riassunti
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Capitolo VII
Si portano avanti gli orditi
delle due trame: per l'intera
giornata i personaggi dell'una e
dell'altra si muovono e si
incrociano nel paese che non sa
e non vuole sapere.
Padre Cristoforo racconta
l'esito negativo della sua
spedizione ma, alludendo
all'avvertimento del vecchio
servitore, parla di un «pegno
della protezione di Dio»; cerca
di calmare ancora Renzo
nuovamente infuriato e si
allontana, dopo aver disposto
che l'indomani mandino qualcuno
al convento per ulteriori
informazioni. Renzo dichiara con
rabbia di voler uccidere don
Rodrigo: a questo punto Lucia,
spaventata, acconsente al
matrimonio di sorpresa. Cala la
notte.
L'indomani mattina si prendono
gli ultimi accordi. Agnese manda
Menico, un ragazzetto suo
parente, al convento. Cominciano
a passare davanti alla casa
della donna mendicanti dall'aria
sospetta. In realtà sono bravi
di don Rodrigo travestiti.
Questi infatti, schernito dal
cugino con il quale ha scommesso
che Lucia sarà sua prima di san
Martino (11 novembre), ha
incaricato il capo dei bravi, il
Griso, di rapirla. Il vecchio
servitore, venuto a conoscenza
del piano, corre al convento per
avvertire padre Cristoforo.
Scende la sera: Renzo va con
Tonio e Gervaso all'osteria,
dove incontra i bravi scesi in
paese per portare a termine la
loro criminosa impresa; l'oste
recita i principi della sua
morale egoistica e
utilitaristica. A notte i
compaesani si ritirano nelle
case, rassegnati alle
prepotenze, alle «povere cene»,
alla «scarsità della raccolta»,
alla «miseria dell'annata»;
Renzo con i due testimoni va a
prendere Lucia ed Agnese e tutti
insieme si recano alla canonica:
Tonio, per farsi aprire, dice a
Perpetua che è venuto per
saldare il suo debito.
Capitolo VIII
Don Abbondio, interrotto mentre
sta pacificamente leggendo,
acconsente a ricevere Tonio.
Mentre Tonio e Gervaso salgono,
Perpetua è fermata da Agnese
che, intrattenendola con
l'argomento dei suoi fidanzati
presunti o mancati, riesce ad
allontanarla dalla porta di casa
quel tanto che basta perché i
due promessi possano entrare
senza essere visti. Mentre don
Abbondio sta compilando una
ricevuta per Tonio, che nel
frattempo ha saldato il suo
debito, i due entrano nella
stanza; Renzo riesce a
pronunciare la formula
matrimoniale, Lucia, già
titubante, è bruscamente
interrotta da don Abbondio che,
ripresosi prontamente dalla
sorpresa, le getta addosso il
tappeto del tavolino. Il gruppo
rimane al buio: il curato riesce
a rifugiarsi nella stanza
accanto e comincia a gridare
aiuto. Il sagrestano Ambrogio
suona a martello le campane che
svegliano tutto il paese.
Intanto nella casa di Lucia
rimasta incustodita sono entrati
i bravi che la stanno cercando
invano, quando entra Menico, di
ritorno da Pescarenico, con
l'avviso per le due donne di
fuggir subito. I bravi lo
afferrano, ma l'improvviso suono
delle campane li spaventa e
tutti si danno alla fuga.
Menico incontra Renzo, Lucia e
Agnese che si stanno rapidamente
allontanando dalla canonica e
dopo averli informati
confusamente dell'accaduto,
riferisce il consiglio di padre
Cristoforo di rifugiarsi in
convento. Il paese è sottosopra:
molti accorrono alla chiesa, ma
vengono bruscamente rimandati a
casa da don Abbondio. Si scopre
anche il tentato rapimento
(l'indomani mattina i bravi
intimeranno al console del paese
di non fare né denunce né
ricerche in merito). Renzo,
Agnese e Lucia si dirigono al
convento dove vengono
premurosamente accolti da padre
Cristoforo che indirizza le due
donne ad un convento di Monza
(ma la città non è
esplicitamente indicata) e Renzo
ad un convento di Milano. Prima
di partire pregano. Sulla barca
che li porta lontano Lucia
piange e silenziosamente saluta
il paesaggio che le è familiare.
Il grandioso capitolo della
«notte degli imbrogli e dei
sotterfugi» consta di una prima
parte "in crescendo" in due
sequenze parallele.
Nella canonica don Abbondio
legge pacificamente; Agnese e
Perpetua chiacchierano di
matrimoni mancati; gli sposi
vengono avanti «zitti zitti»,
spingono l'uscio «adagino
adagino», entrano «cheti e
chinati», accostano l'uscio
«pian piano», salgono, con Tonio
e Gervaso, «non facendo rumore
neppure per uno». L'apparente
calma si risolve nelle grida di
don Abbondio, di Renzo, di
Gervaso; Perpetua «prende la
rincorsa». Suonano le campane.
Agnese, Lucia e Renzo scappano
in fretta e incontrano Menico
che va di corsa.
Nella casa di Lucia i bravi sono
saliti «adagio adagio», dopo
aver picchiato «pian piano» ma
Menico entra e urla e il suono
delle campane li sorprende:
tutti «si confondono, si
scompigliano, si urtano a
vicenda».
Accorre alla canonica il paese
intero. Il ritmo a mano a mano
si placa nuovamente: i paesani
tornano alle case, i discorsi
muoiono «negli sbadigli»; i
bravi si ritirano «in buon
ordine» ; i fuggiaschi
rallentano il passo.
Dopo la sosta in convento si
avviano «zitti zitti» alla riva:
il lago è «liscio e piano», il
fiotto «morto e lento», i
passeggeri «silenziosi», Lucia
piange segretamente e pensa
«Addio, monti...».
Sola consolazione la fede: «chi
dava a voi tanta giocondità è
per tutto; e non turba mai la
gioia de' suoi figli, se non per
prepararne loro una più certa e
più grande».
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