IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

Riassunto Promessi sposi

SCELTA CAPITOLI

01-02 03-04
05-06 07-08
09-10 11-12
13-14 15-16
17-18 19-20
21-22 23-24
25-26 27-28
29-30 31-32
33-34 35-36
37-38  
 
 
AGGIORNAMENTI
 

HOME PAGE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


MANZONI: Tutto sui "Promessi sposi" Riassunti

Capitolo IX e X

Scesi dalla barca, i tre fuggitivi vengono trasportati da un barrocciaio che li accompagna al convento dei cappuccini di Monza, donde Renzo, dopo un triste commiato, parte per Milano. Il padre guardiano del convento conduce le donne al monastero, dove le raccomanda alla «signora», una giovane monaca di famiglia aristocratica, dall'aspetto e dal comportamento singolari, che dopo averle interrogate acconsente ad ospitarle.
Inizia a questo punto la lunga digressione sulla «signora». Gertrude, così si chiama la monaca, è figlia di un principe che, in ossequio all'istituto giuridico del maggiorasco, aveva destinato tutte le sue ricchezze al primogenito e, quindi, tutti gli altri figli al convento. Gertrude, abituata fin dalla più tenera infanzia all'idea di divenire monaca, entra così nel monastero come educanda all'età di sei anni. Crescendo a contatto con altre fanciulle si manifestano però in lei incertezze circa il suo destino e, pur avendo scritto la lettera di supplica al vicario che dovrà esaminarla per stabilirne l'autenticità della vocazione, Gertrude, attratta dall'idea di una vita diversa e del matrimonio, scrive nascostamente al padre per informarlo. La lettera non riceve risposta, mala badessa le parla della «gran collera» del principe. Quando Gertrude, quattordicenne torna in famiglia per trascorrervi il mese prescritto dalle regole della monacazione, ad un anno dall'invio della supplica, viene trattata con freddezza sia dai familiari che dai servitori ed esclusa dalla vita comune. Solo un paggio le dimostra una «particolare comprensione» alla quale Gertrude corrisponde. Ma una lettera compromettente a lui indirizzata viene intercettata e mostrata al padre che la fa rinchiudere nella sua camera. Dopo quattro o cinque giorni la ragazza scrive al padre, implorandone il perdono e dichiarandosi disposta a tutto per ottenerlo.
La storia di Gertrude continua nel capitolo successivo.
Il principe padre dà per certo che la richiesta di perdono significhi accettare la monacazione; a questa condizione Gertrude viene riaccolta in famiglia e trattata con benevolenza. L'indomani la ragazza (ancora in preda a dubbi, incertezze e turbamenti, tenuti a freno dal principe che velatamente la ricatta, ricordandole l'errore commesso con il paggio) è accompagnata al monastero per far domanda di esservi ammessa come novizia. Seguono la scelta della madrina e, di lì a poco, il colloquio con il vicario che, ingannato dalla giovane, attesta l'autenticità della vocazione. Dopo gli ultimi giorni di libertà, passati tra spettacoli e divertimenti, ma con l'animo in continua «fluttuazione», Gertrude è accettata in convento e, al termine dei dodici mesi di noviziato, è «monaca per sempre». Il suo animo tuttavia non si placa: il suo comportamento nei confronti delle consorelle e delle educande è mutevole e capriccioso. Accanto al convento abita un giovane, «scellerato di professione», che osa rivolgerle la parola: la «sventurata rispose». Inizia così una relazione che porterà la monaca fino al delitto: con Egidio uccide infatti una conversa che ha minacciato di rivelare la tresca. Dal misfatto, rimasto per ora sconosciuto, è passato circa un anno, quando Lucia viene accolta nel monastero.
Il capitolo nono costituisce, con il decimo, la più ampia digressione del romanzo, dedicata a tratteggiare la figura e la vicenda della monaca di Monza. Ampia, eppur drasticamente ridotta rispetto alla narrazione del Fermo e Lucia per motivi di ordine strutturale (evitare un romanzo nel romanzo); ideologico (per l'eccessivo spazio concesso ad un personaggio di alto lignaggio in un romanzo che ambiva ad essere storia di «gente meccaniche») e moralístico (lo scrupolo di aver narrato una fosca storia di amore e morte ambientata in un convento).
Dopo una parte introduttiva, dedicata a rappresentare in toni dimessi la separazione dei promessi che si incontreranno nuovamente solo alla fine del romanzo (cap. XXXVI), viene delineata la suggestiva figura di Gertrude, tutta giocata su toni di bianco e nero. Gertrude è un personaggio storico: i «fatti» di Virginia de Leyva sono minuziosamente documentati negli archivi dell'Arcivescovado milanese. Il Manzoni vi aggiunge ciò che una fanciulla monacata a forza può aver «sentito e pensato» e racconta così la storia di un'educazione sbagliata che trova fertile terreno in un'indole arrogante e imperiosa, contraddistinta da «vanità naturale», ed impedisce la formazione di una volontà. Il peccato di Gertrude, da cui deriveranno tutti gli altri, sarà di pronunciare dei «sì», quando vorrebbe e dovrebbe rifiutare, e vivere in maniera non conseguente a questi «sì»: un peccato dunque della volontà.
E tuttavia il cristiano Manzoni non nega la sua pietà: l'«infelice», la «sventurata» è ancora alla ricerca di «un po' d'amore», capace di provare «un certo sollievo nel far del bene a una creatura innocente», «nel soccorrere e consolare oppressi». «A questa fo del bene», penserà nel capitolo XVIII e sarà un «soave» pensiero. Del resto, anche il principe-padre - e certo nei confronti dei padri il Manzoni è particolarmente severo (si pensi al mercante del capitolo IV) - è capace di «una tenerezza in gran parte sincera», perché «così fatto è questo guazzabuglio del cuore umano».
Echeggia in queste pagine una vasta gamma di temi della polemica illuminista: contro l'istituto del maggiorasco, la nobiltà parassitaria, le monacazioni forzate, a favore di una educazione non autoritaria.

 

© 2009 - Luigi De Bellis