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MANZONI: Tutto sui
"Promessi sposi" Riassunti
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Capitolo XXIX
Con la fame e la guerra arriva
la peste, entrata nel Ducato con
l'esercito imperiale.
Tralasciato il filo della
narrazione e l'artificio
dell'anonimo, il Manzoni, dopo
aver delimitato il campo della
sua ricerca al Milanese, passa a
discutere in generale le fonti
che ha esaminato, confrontato,
integrato a vicenda, dimostrando
così di aver applicato un metodo
di ricerca che risale
all'Illuminismo, e in
particolare a Ludovico Antonio
Muratori. Ma al rigoroso metodo
di ricerca di ascendenza
illuministica si unisce la
passione, tipica della
storiografia romantica, di
raccontare la storia del popolo.
Gli abitanti cominciano a
morire, ma il grande medico
Lodovico Settala è l'unico a
dichiarare che si tratta di
peste. Un altro medico, il
Tadino, invia lettere in cui si
denuncia la presenza della peste
nei paesi circonvicini. Vengono
emanate gride, ma sia l'autorità
(il governatore in particolare
preoccupato dell'andamento
sfavorevole della guerra) che la
popolazione non credono nella
presenza della peste, portata da
un soldato italiano. Nel mese di
marzo la peste entra in Milano.
La direzione del lazzaretto è
affidata al cappuccino padre
Felice Casati, validamente
coadiuvato da padre Michele
Pozzobonelli e da tanti altri
confratelli.
Il Manzoni ha così modo di
confortare con i fatti l'elogio
dei cappuccini tessuto fin
dall'inizio del romanzo (cap.
III). Col passare dei giorni e
l'aggravarsi della situazione
non si nega più la peste, ma si
diffonde la psicosi che a
propagare il contagio siano gli
«untori».
Capitolo XXXII
Anche il nuovo governatore,
Ambrogio Spinola, è più
interessato alla guerra che alla
salute pubblica, per cui rimane
indifferente alle richieste di
aiuto delle autorità cittadine.
Continua a diffondersi la
credenza negli untori: un
vecchio, scambiato per un
untore, viene linciato; tre
giovani francesi sono accusati
dallo stesso misfatto; insomma
la «frenesia» si propaga come il
contagio.
Su richiesta dei decurioni, il
cardinale, dopo aver rifiutato
una prima volta, acconsente a
che venga portata in processione
la cassa con le reliquie di san
Carlo. La processione, macabra e
sfarzosa, fa aumentare
terribilmente il contagio,
quindi la popolazione del
lazzaretto e la necessità di
arruolare «monatti» incaricati
di portar via i malati e i morti
e di bruciare la roba infetta.
Gli ecclesiastici, sia nel
lazzaretto che fuori, dimostrano
«pronta e costante fedeltà ai
doveri» su «esempio ed
incitamento» del cardinale.
Aumenta però anche la
«perversità» (soprattutto dei
monatti) e la «pazzia», il
«delirio delle unzioni» che
porta ad immaginare trame
diaboliche. Gli stessi medici e
perfino il cardinale credono
nelle unzioni: i presunti untori
vengono perseguitati,
processati, torturati
giustiziati.
Il Manzoni dichiara infine di
voler raccontare queste vicende
in un altro scritto (la Storia
della Colonna Infame) e di voler
tornare «a' nostri personaggi».
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