IL SITO DELLA LETTERATURA

 Autore Luigi De Bellis   
     

Riassunto Promessi sposi

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MANZONI: Tutto sui "Promessi sposi" Riassunti

Capitolo I

Il primo capitolo si apre con la celebre descrizione dei luoghi («Quel ramo del lago di Como... ») e la precisa indicazione del tempo (la sera del 7 novembre 1628) in cui inizia il romanzo, accompagnate da un excursus storico in cui il Manzoni delinea, in poche righe, la situazione di decadenza politico-sociale e morale della Lombardia sotto il dominio spagnolo.
La macchina del romanzo si mette in moto quando i «bravi» di Don Rodrigo, signorotto del luogo, intimano al pavido curato del paese, don Abbondio, di non celebrare l'indomani il matrimonio tra Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, i «promessi sposi».
Nell'incontro si evidenziano la tracotanza dei bravi, sicari al servizio dei potenti, fin dai particolari dell'abbigliamento, minuziosamente descritto - e la vigliaccheria del curato disposto a compiacere i potenti. Nella narrazione trovano altresì posto una digressione sulle «gride» - diligentemente riprodotte - contro i bravi e un profilo psicologico-morale di don Abbondio, la cui viltà di indole («non era nato cuor di leone») è stata accentuata dalla violenza di una società («vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro»), in cui gli uomini non sono uguali di fronte alla legge, ma possono trovare rifugio e difesa solo in una corporazione; insomma non sono cittadini, ma soltanto sudditi, secondo l'ottica del borghese Manzoni, formatosi alla scuola dell'Illuminismo e giovane testimone della Rivoluzione francese.
L'ultima parte del capitolo vede il ritorno alla canonica di don Abbondio sconvolto che, dopo un maldestro tentativo di resistenza, narra l'accaduto alla sua governante Perpetua, tipica figura di «serva-padrona», curiosa e pettegola, ma affezionata al padrone e di buon senso, come dimostrano i suoi buoni consigli (in particolare quello di rivolgersi al cardinale per denunciare l'accaduto e chiederne l'appoggio) purtroppo inascoltati. I «pareri di Perpetua» saranno ricordati con stizzoso rammarico dallo stesso don Abbondio nel capitolo XXVI.
Fin da questo primo capitolo dunque si delinea il componimento «misto di storia e di invenzione», canone fondamentale della poetica manzoniana negli anni di composizione del romanzo.



Capitolo II

Durante la notte, turbata da sogni angosciosi, don Abbondio decide di prendere tempo, accampando scuse per arrivare all'Avvento, «tempo proibito per le nozze». Quando, la mattina seguente, si presenta da lui il «promesso» Renzo (giovane sui vent'anni, orfano, filatore contadino) per prendere gli ultimi accordi, don Abbondio riesce in un primo colloquio a convincerlo, usando fraudolentemente formule latine, che il semianalfabeta Renzo non può intendere. Ma, mentre il giovane si allontana, Perpetua gli fa capire che c'è sotto qualcosa. Tornato indietro precipitosamente Renzo, in un secondo colloquio, costringe don Abbondio a dire la verità.
Meditando vendetta, si precipita infuriato a casa di Lucia che, circondata dalle vicine, si è acconciata per il matrimonio. Renzo chiede alla piccola Bettina di farla scendere. Informata brevemente dell'accaduto, che tuttavia non la coglie di sorpresa, Lucia con la madre Agnese licenzia le invitate, dicendo che il matrimonio è rimandato per un'indisposizione del curato. La notizia viene confermata da Perpetua.
Il secondo capitolo è ambientato nel villaggio, percorso da Renzo che si presenta con questa caratteristica di irruento camminatore che lo condurrà, per tutto il romanzo, lungo itinerari sempre più lontani e pericolosi.
La vicenda si snoda soprattutto attraverso dialoghi (Renzo e don Abbondio, Renzo e Perpetua, ancora Renzo e don Abbondio, Renzo e Lucia): prevale pertanto l'invenzione, anche se si possono leggere, in filigrana, cenni di ricostruzione di storia economica (a proposito del mestiere di Renzo) e socio-culturale (il latino di don Abbondio). Per la prima volta, dopo l'Introduzione, Manzoni amplia la prospettiva alla grande storia contemporanea sia pure nei limiti di un paragone tra l'anziano, pavido, meschino don Abbondio ed il brillante, giovane, deciso principe di Condé che apre il capitolo. Come in altri casi (vd., ad esempio l'inizio del cap. XXV) il paragone con un grande personaggio storico (o mitologico) ha una funzione ironica.
Notevole infine lo scrupolo della ricostruzione storica nei particolari dell'abbigliamento di Renzo e, soprattutto, di Lucia.

 

© 2009 - Luigi De Bellis